La vernice per prevenire gli incidenti dei ciclisti, studiata da Volvo

È in vendita in sei negozi di Londra: si spruzza su vestiti, casco e bici, di giorno è invisibile ma di notte diventa bianca se illuminata dai fari di un’auto La casa automobilistica svedese Volvo ha realizzato assieme all’agenzia di design Grey London una particolare vernice spray studiata per prevenire gli incidenti stradali notturni dei ciclisti: si chiama “Lifepaint”, e si spruzza sui vestiti, sul casco o sulla bici del ciclista. Durante il giorno è invisibile, ma di notte diventa di colore bianco acceso se illuminata dai fari di un’auto. La vernice è lavabile, non rovina i tessuti, e dura una decina di giorni dopo l’applicazione: per ora ne saranno vendute circa duemila bombolette in sei negozi di ciclismo di Londra e del Kent, per verificarne l’efficacia e il successo prima di venderle in altri paesi.  Nick Connor, un dirigente di Volvo, ha detto: «Ogni anno nelle strade del Regno Unito 19 mila ciclisti rimangono feriti. Qui alla Volvo crediamo che il miglior modo per sopravvivere a un incidente stradale sia non averne, e ci siamo impegnati a rendere le strade un posto sicuro riducendo il numero degli incidenti». articolo tratto da: www.ilpost.it Follow...

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La scelta della guarnitura e dei pignoni

La scelta della guarnitura nella bicicletta da strada, assieme ai pignoni posteriori, riveste un’importanza fondamentale e, per la maggior parte di noi, condiziona la scelta dell’intera bicicletta perché poi, se non altro per motivi economici, difficilmente si ritorna sui propri passi. Vediamo innanzitutto di capire quale sia la terminologia corretta. Per guarnitura si intende l’insieme delle corone e della relativa pedivella. Fino a non tantissimi anni fa la scelta era semplice. Esistevano solamente guarniture doppie (con due corone) e, di fatto, si utilizzava quasi esclusivamente una combinazione 53/39 (il doppio numero indica il numero di denti delle corone, 53 denti la corona grande, 39 quella piccola). Più recentemente sono state introdotte le guarniture triple (spesso una 52/39/30) ma soprattutto le cosiddette guarniture “compact“, nient’altro che una doppia con due corone più piccole, generalmente 50/34. La corona anteriore, in combinazione con il pignone posteriore, dà origine al rapporto (potremmo anche chiamarlo “marcia” con un termine automobilistico) che, come suggerisce il nome, è appunto il rapporto tra il numero di denti della corona anteriore e quello del pignone posteriore che utilizziamo per pedalare. Ecco perché quando vi chiedono “Che rapporto usi?”, si risponde semplicemente con una coppia di numeri: per esempio 53×15 (si dice comunemente “53 per 15” anche se algebricamente è un orrore trattandosi di una frazione!), 50×14, 39×19, 34×25, ecc.. Il rapporto moltiplicato per la circonferenza della ruota (approssimativamente si può utilizzare una circonferenza standard di 210 cm per una ruota da 28 pollici) ci permette di sapere la lunghezza esatta che sviluppiamo con un giro completo di pedivella (360°). Per esempio: 53 : 15 = 3,533 x 210cm = 7,42 metri 34 : 25 = 1,360 x 210cm = 2,86 metri Dovrebbe essere chiaro a questo punto che, con una corona grande davanti ed un pignone piccolo dietro, si pedala con un rapporto “lungo” e quindi lo sviluppo di pedalata è particolarmente elevato (una “marcia” lunga). Sono i tipici rapporti da discesa o da pianura se vi sentite dei campioni. Viceversa, corona piccola davanti e pignone grande dietro equivale a rapporto “corto”, quindi ad uno sviluppo di pedalata modesto. Più la strada sale, o meno in forma siete, e più si utilizzano pignoni con un numero elevato di denti. Una guarnitura doppia tradizionale (53/39) fa molto “figo” ma, se non avete migliaia di chilometri nelle gambe, probabilmente vi stancherete prima a parità di pignone posteriore. Viceversa, una tripla (52/39/30) fa molto “schiappa”, forse in mezzo al gruppo vi guarderanno con diffidenza se non con disprezzo, ma è una scelta da prendere seriamente in considerazione se cercate una soluzione “multipurpose”, che si addica a qualsiasi tipo di percorso e che vi permetta di salvarvi quando andrete in crisi sullo Zoncolan o sullo Stelvio (perché con un rapporto particolarmente “corto” potrete affrontare in agilità salite anche molto lunghe e impegnative). In mezzo ci sta la doppia compact, oggigiorno certamente la più diffusa e spesso scelta obbligata quando si acquista una bicicletta. Infatti, c’è anche questo da tenere bene a mente. Se investite cifre folli in questo bellissimo sport (per una top di gamma si possono spendere 10.000 e più Euro), nessun problema. Ordinate quello che volete, anche le viti del vostro colore preferito, e ci fate montare qualsiasi guarnitura o pacco pignoni. Purtroppo, se il budget a disposizione non è infinito, la bici da corsa si acquista così come la trovate e non c’è possibilità alcuna, o molto limitata, di personalizzazione. Generalmente, le guarniture triple vengono riservate alle biciclette economiche e non troppo costose anche se alcune case, poche purtroppo, hanno in catalogo la stessa bicicletta in due versioni: guarnitura doppia oppure tripla. Valutate infine quale pacco pignoni viene montato alla ruota posteriore. A differenza di vent’anni fa, raramente è possibile sostituire un singolo pignone di quelli più grandi e, se l’acquisto non vi aggrada,...

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La lunghezza delle pedivelle

La lunghezza delle pedivelle conta parecchio nel ciclismo e, nonostante la scelta potrebbe e, talora, dovrebbe essere di una facilità disarmante, si trovano frequentemente opinioni discordi in merito. Teoricamente, il discorso è molto semplice. La pedivella è una leva di secondo grado, ove la forza resistente (resistenza) è infrapposta tra fulcro (il movimento centrale) e forza applicata (forza esercitata sul pedale). Trattandosi di una leva sempre “vantaggiosa”, con una pedivella più lunga si pedala, a parità di sforzo, ad una velocità più elevata oppure, a parità di velocità, con uno sforzo minore (non aspettatevi comunque grosse differenze all’atto pratico). C’è però un problema tutt’altro che irrilevante. Allungando la pedivella, il pedale, quindi il piede, compie una circonferenza più ampia e, nello stesso giro di 360°, percorre una distanza maggiore (per esempio, con una pedivella da 170 mm, il pedale compie un percorso circolare di circa 107 cm, mentre con una pedivella da 175 mm si passa a quasi 110 cm). Da un punto di vista pratico, ciò comporta una perdita di agilità immediatamente riscontrabile se si ha la possibilità di provare la stessa bicicletta con pedivelle di lunghezza differente. Da non sottovalutare nemmeno il fatto che, con pedivelle più lunghe, cresce anche la distanza tra punto morto inferiore e superiore della pedalata: le articolazioni sono sottoposte a movimenti angolari maggiori e tutta la muscolatura (particolarmente i quadricipiti femorali) viene allungata e contratta più intensamente. La scelta della pedivella sarà quindi sempre e comunque un compromesso tra agilità (pedivelle più corte) e capacità di spingere leve maggiori (pedivelle più lunghe), anche in funzione di gusti personali (uno “sprinter” è portato a ricercare l’agilità senza compromessi, mentre un cronoman o un triathleta, nelle gare senza scia, potrebbe beneficiare di misure “importanti”, sempre che abbia una muscolatura sufficientemente formata e che non lo penalizzi troppo). Ma ci sono differenze anche tra bici da corsa e mountain bike. Su strada, dove le scie e le variazioni di ritmo giocano un ruolo fondamentale, si privilegia l’agilità e generalmente si adottano misure di pedivelle più corte rispetto alla mountain bike. In questa specialità, infatti non esiste il “gioco di gruppo” e ognuno pedala o gareggia quasi esclusivamente in funzione di stesso, più o meno come se fosse una gara a tempo (l’agilità di pedalata ha quindi un’importanza minore).   Sul mercato si trovano pedivelle di lunghezza compresa tra 165 e 180 mm con incrementi di 2,5 mm. Tuttavia, non tutti i produttori e non tutti i gruppi hanno una scelta così ampia. Le 177,5 e le 180 mm si possono considerare di “elite”, reperibili soltanto in prodotti di altissima gamma e dall’utilizzo molto marginale. All’estremo opposto, non sempre si trovano in catalogo le 165 e le 167,5 mm (per esempio Campagnolo non le produce affatto). E’ quindi molto probabile che una bicicletta in “pronta consegna” abbia le 170 mm, le 172,5 mm (quasi uno standard nel ciclismo su strada moderno) oppure le 175 mm (più raramente). Tuttavia, non è raro trovare combinazioni “impossibili”, per esempio le 175 mm montate su telai da “nani” o viceversa. Controllare e scegliere è di importanza fondamentale, eppure raramente la pedivella rispecchia le misure antropometriche dello sportivo, anche esperto, talora propenso a pensare che una pedivella cambi poco o nulla nella pedalata. Per la lunghezza corretta, esiste una miriade di tabelle. Ancora oggi, molto utilizzata è quella di Bernard Hinault e Claude Genzling, tratta dal libro “Ciclismo su strada” (Sperling & Kupfer, 1989). Tuttavia non tiene conto nè della realtà del mercato, che di fatto restringe la scelta alle misure 170-172,5-175mm, nè delle caratteristiche fisiche individuali. A mio avviso, infatti, non...

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UCI e freni a disco, orizzonte 2017

Acque stagnanti sul fronte dei freni a disco idraulici stradali. In attesa che i produttori di telai, ruote e dischi si allineino a uno standard che ancora non c’è, ne abbiamo parlato direttamente con Brian Cookson, presidente UCI. L’occasione era di quelle ghiotte. Presentazione del Giro d’Italia 2015, il “number one” UCI in persona tra le autorità invitate. Abbigliamento informale, aplomb inglese. Potrebbe essere l’attempato componente di qualche rock-band britannica. Invece presiede l’Unione Ciclistica Internazionale, le cui uniche note sono quelle riguardanti il ciclismo. Con sorprendente affabilità e gentilezza, Mr. Cookson replica alla questione da noi postagli. ”La Commissione Tecnica UCI sta valutando la situazione relativa alla possibile adozione dei freni a disco idraulici su strada in ambito professionistico. Al momento non c’è ancora allineamento tra i competitor per quanto riguarda uno standard comune. I costruttori di telai stanno spingendo sui dischi, ma sul Mercato troviamo bici con attacco Post Mount e altre (ancora poche, ndr) con attacco disco Flat Mount messo a punto da Shimano, bici con perno passante e bici con i classici quick-release, bici con battuta mozzo posteriore da 130, 135 e 142 mm. Dunque non c’è ancora uniformità di vedute tra loro. Stesso discorso per i produttori di ruote, tra battuta mozzo, flangia disco e campanatura non ci si raccapezza affatto. E anche per quanto riguarda i rotori ci sono due tipi di innesto, sei fori o Centerlock Shimano, e almeno tre diametri, 140, 160 e 180 mm. Lo standard per i professionisti dovrà essere unico, altrimenti si verrebbe a creare una situazione tecnica del tutto ingestibile in gara”. Il fatto che tutte le parti in causa (UCI, produttori di telai, produttori di ruote) stiano temporeggiando, scaturisce dalla situazione del mercato relativo ai freni a disco per bici da corsa.
Al momento, l’unico competitor in grado di soddisfare su larga scala la domanda dei produttori è Shimano, con SRAM appena dietro. Shimano ha però emanato una nota tecnica ufficiale riguardo i suoi dischi stradali, con la quale non garantisce per danni subiti dal telaio qualora il carro posteriore abbia una lunghezza inferiore a 415 mm. Significa che un carro più corto potrebbe non resistere alle sollecitazioni derivanti dalla frenata. Ora, se andiamo a guardare le bici dei professionisti, se si eccettuano quelle dedicata all’endurance e alle Classiche del Nord, le lunghezze dei carri posteriori sono mediamente comprese tra 400 e 405 mm. Troppo poco per garantire prestazioni ineccepibili e affidabili. Shimano sta testando il suo nuovo standard Flat Mount assieme alla maggior parte delle Case costruttrici di telai, per verificare la bontà del sistema anche in presenza di carri posteriori più corti di 415 mm. Ma al momento non si hanno riscontri in merito. I gruppi trasmissione in uso ai team professionistici appartengono sostanzialmente a tre famiglie: Shimano, SRAM e Campagnolo. Proprio la Casa vicentina è la grande attesa sulla pedana della “disco dance”, e la sua latitanza è la ragione principale del quasi totale immobilismo dei player coinvolti. Campagnolo non sta comunque a rimirare il panorama, ha già qualche prototipo di disco idraulico in fase sperimentale e conta di essere della partita per il 2016. Ciò significa che potremmo vedere qualcosa già dall’anno prossimo. Fatto sta che, finora, nessuna delle parti interessate all’approvazione dei freni a disco idraulici nelle corse professionistiche su strada ha effettuato una mossa decisa in una qualche direzione. Si naviga a vista, sperando che accada qualcosa. Quando arriverà Campagnolo, il cerchio dei produttori di dischi si chiuderà, innescando quasi certamente una reazione a catena che muoverà le acque. Nel frattempo potrebbero esserci sviluppi interessanti in casa Shimano, che con il suo...

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I CAMBI INTERNI AL MOZZO

  Il cambio interno al mozzo funziona grazie a un meccanismo epicicloidale che consente al guscio esterno del mozzo medesimo (sul quale sono inseriti i raggi) di girare a una velocità diversa, a seconda del rapporto inserito, da quella alla quale gira il pignone. All’interno di un mozzo con cambio interno il movimento viene trasmesso al pignone detto solare (verde nella figura) che fa ruotare i satelliti (blu), che a loro volta fanno girare la corona (rossa), sulla quale è inserita la ruota. Il cambio interno al mozzo rende anche possibile la realizzazione di un sogno di molti ciclisti: quello di avere una regolazione CONTINUA del rapporto utilizzato.   Il mozzo Nuvinci è per ora l’unico sistema CVT (continuosly variable transmission) in grado di soddisfare questa esigenza: permette di cambiare il rapporto in maniera continua, adattandolo esattamente alle condizioni del momento. In questo modo il rapporto non risulta mai troppo morbido o troppo duro e non ci sono mai step troppo bruschi nella variazione dello sviluppo metrico. Questo mozzo funziona grazie a delle sferette che trasmettono il movimento dal disco di entrata, sul quale è innestato il pignone, al disco di uscita, dove sono montati i raggi. Agendo sulla leva del cambio si varia l’angolo di inclinazione dell’asse di rotazione delle sferette consentendo una variazione continua del rapporto. Quello che segue è un video dimostrativo della Fallbrook Technologies, la ditta costruttrice, che ne spiega il funzionamento molto meglio di qualsiasi descrizione a parole.   VANTAGGI DEI CAMBI AL MOZZO Minor bisogno di manutenzione. Dividiamo la trasmissione di una bicicletta in due parti principali: la prima è formata dal mozzo con cambio interno, la seconda da catena, guarnitura e pignone. Il mozzo, ben sigillato contro acqua e polvere, contiene il cambio vero e proprio. La funzione isolante è soddisfatta da un più o meno accurato assemblaggio e dal guscio del mozzo. La seconda porzione del sistema di trasmissione può essere incapsulata da un copricatena per essere protetta dallo sporco. Questa possibilità non è prevista per i cambi a deragliatore dato che è incompatibile con la linea di catena che cambia al variare del rapporto utilizzato. Per questo la frequenza di pulizia e lubrificazione della trasmissione è più bassa di quella necessaria per i cambi con deragliatore. Un altra ricaduta positiva di questo aspetto è l’impossibilità di sporcarsi i pantaloni, cosa molto apprezzata dai ciclisti urbani.   Minori spese di manutenzione ordinaria conseguenti al fatto che si ha una linea di catena sempre diritta e che pignone e catena possono essere più grossi e resistenti di quelli adottati da biciclette con cambi esterni. La catena può essere progettata pensando unicamente alla trasmissione della potenza e non alla capacità di flettersi necessaria per adattarla alla presenza del deragliatore. Le due carrucole che tengono il deragliatore in tensione costringono la catena a due curve molto strette che provocano un aumento di attrito inversamente proporzionale alla misura del pignone utilizzato. Il risultato è che una catena completamente coperta di una bicicletta con cambio interno al mozzo dura da 4 a 6 volte di più di una catena, spesso sporca e in disordine, che lavora con un cambio a deragliatore.   Ruota posteriore più robusta e durevole. Un cambio interno al mozzo permette l’adozione di un solo pignone. Questo ha come conseguenza la possibilità di spostare la flangia del mozzo più esternamente, permettendo un tensionamento più simmetrico, omogeneo e serrato dei raggi sul lato destro e sinistro. Questo si traduce in una vita più lunga della ruota.   Minore fragilità e rischio di rotture Questa è la conseguenza del minor numero di componenti e della...

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