13 power meter per il ciclismo

articolo tratto da: sport-gadgets.net  Nel ciclismo un misuratore di potenza, o power meter, è un dispositivo che misura la forza applicata sui pedali dal ciclista, quindi la potenza espressa in Watt mentre si pedala. La maggior parte dei power meter utilizzano estensimetri per misurare la coppia applicata, e combinando questo dato con la velocità angolare, calcolano la potenza. Essere competitivo nel ciclismo ha molto a che fare con il rapporto peso/potenza o watt x chilogrammo. In parole semplici, se si diminuisce la massa e si aumenta la potenza si andrà più veloci. Il primo misuratore di potenza è stato realizzato da SRM ed è tuttora uno dei più utilizzati tra i professionisti. La tecnologia non è cambiata molto negli ultimi 20 anni, ma i moderni misuratori di potenza sono molto più affidabili, leggeri e senza fili. L’utilizzo dei power meter nel ciclismo è sempre più diffuso anche tra gli amatori grazie ai prezzi sempre più accessibili. Sono molte le aziende a proporre questo strumento e c’è solo l’imbarazzo della scelta, viste le diverse soluzioni per misurare la potenza. I misuratori di potenza si possono dividere in quattro tipi: da guarnitura, a pedale o tacchetta, mozzo e pedivella. Quasi sempre la precisione diminuisce man mano che ci si allontana dalle pedivelle. Il requisito più importante da valutare è la precisione dei dati, poichè una differenza di pochi watt può essere molto significativa nella valutazione della performance. I dati che rilevano questi strumenti sono molteplici: potenza espressa di picco, potenza istantanea, potenza media e a vari intervalli di tempo. Inoltre la differenza di spinta tra le due gambe (o bilanciamento). Il principale ostacolo nella scelta di un misuratore di potenza è sicuramente il prezzo che in molti modelli supera i 1000 euro ma anche la possibilità di trasferire il dispositivo da una bici a un’altra. Sono molte le opzioni tra cui si può scegliere. Ecco alcuni modelli attualmente disponibili: 1. Pioneer SGY-PM 900: Questo misuratore di potenza utilizza due sensori estensimetrici per misurare separatamente i Watt sviluppati da entrambe le gambe e trasmette i dati 12 volte per ogni rotazione completa del pedale. L’SGY-PM 900 è in grado di determinare con una tolleranza del 2% la forza della pedalata sinistra e destra del ciclista, per ottenere statistiche dettagliate di potenza, cadenza e efficienza. Il misuratore di potenza di Pioneer SGY-PM900 trasmette i dati con il protocollo wireless ANT + ed è quindi compatibile con tutti i ciclocomputer che implementano questo standard (alcuni parametri sono trasmessi utilizzando un flusso ANT privato e sono visualizzabili solo sul ciclocomputer Pioneer SGX-CA9000). pioneer-cyclesports.com 2. SRM: I power meter SRM misurano la forza delle gambe dei ciclisti utilizzando degli estensimetri montati all’interno dello spider della guarnitura. Lo speciale design consente un sistema di misurazione rigido che trasmette dati stabili senza necessità di calibrazioni. Tutti i dispositivi SRM sono progettati per essere completamente sigillati dagli agenti esterni: pioggia, neve, fango, sabbia. Tutti i power meters SRM sono ora dotati di tecnologia wireless ANT +, e sono utilizzabili con i Powercontrol 7 e 8 o qualsiasi altra unità ANT +, come i ciclocomputer Garmin per esempio. Disponibile per 9, 10, o 11 velocità. Strada, MTB, Triathlon, BMX e Pista. www.srm.de 3. 4iiii PRECISION: E’ un misuratore di potenza (per il lato sinistro) del peso di soli 9 grammi che deve essere installato dalla fabbrica su una nuova pedivella verificando anzitempo se il proprio gruppo è tra quelli compatibili. Precision rileva la potenza erogata in tempo reale e i dati di cadenza. E’ compatibile sia con dispositivi ANT + che Bluetooth Smart. Facile l’accesso per la sostituzione della batteria a bottone...

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Differenze tra freni a disco idraulici e meccanici

Articolo tratto da: blog.studenti.it Quello sopracitato è un argomento molto dibattuto e sebbene molti ritengano i freni meccanici inferiori agli idraulici, queste credenze sono prive di fondamento: ciascuno dei due impianti ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, rendendolo più adatto a determinati stili di guida. Prima vediamo però le caratteristiche dei due impianti: Nei freni a disco meccanici la leva tira un cavo come nei classici v-brake, questo aziona in seguito il movimento di una delle due pastiglie che va così a stringere il disco. Negli idraulici è tutto più complesso: tirando la leva questa aziona un pistone che pompa dell’ olio nel tubo freno. Ovviamente il liquido va poi a comprimere le pinze sul disco mediante due pistoncini, o quattro in certi casi. Ora vediamo i vantaggi di ciascuno, prima quelli dei meccanici: -Sono pienamente compatibili con leve V-brake, così si può anche solo acquistare disco e pinza e tenere leve, cavi e guaine dell’ impianto precedente; -sono più semplici nella manutenzione: regolare la tensione del cavo, la distanza delle pastiglie, etc. è più facile con i meccanici ed è fattibile anche sul campo e dai meno esperti; -anche le riparazioni  sono più semplici ed economiche: se vi si impiglia una guaina in qualche ramo e si strappa basta cambiare il cavetto e al massimo la guaina, con un idraulico la cosa sarebbe ben più complessa, senza considerare l’ inquinamento dato dallo spargimento d’olio; -non soffrono il surriscaldamento: mentre gli idraulici surriscaldandosi perdono potenza e diventano spugnosi, i meccanici si possono utilizzare senza preoccuparsi di farli raffreddare ogni tanto.   Gli impianti idraulici però: -Sono più potenti: tirando la leva l’olio si sposta senza produrre attrito quindi a parità di sforzo la frenata è più forte; -nella maggior parte dei casi sono anche più modulabili e precisi, grazie all’ incomprimibilità dell’ olio nei cavi e alla ridotta corsa delle pastiglie (lo spazio che le pastiglie percorrono per arrivare al freno); -sono più leggeri: l’olio è più leggero rispetto a un cavo meccanico e solitamente gli idraulici hanno corpi freno più compatti; -in teoria una volta regolati non c’è più bisogno di ripetere quest’ operazione fino allo spurgo seguente (cambio dell’ olio), quindi per anche più di un anno. Come visto qui sopra nessuno è migliore dell’ altro, dipende dall’ uso che ne farete la scelta di un impianto di un tipo o dell’ altro, va però aggiunto che mediamente i freni meccanici costano meno, e la loro manutenzione pure; detto questo, a voi la scelta!   Follow @RIALBIKE...

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Trasmissione interna: perché?

Articolo tratto da: www.mtb-mag.com La trasmissione con catena e deragliatori anteriore e posteriore viene utilizzata sin dagli albori della bicicletta. Se dagli anni ’30 il deragliatore a parallelogramma è stato il sistema di trasmissione universale, utilizzato su ogni tipo di bicicletta, significa che bene o male funziona… Perché quindi cercare nuove soluzioni? C’è da dire che 15 o 20 anni fa la mtb non era ai livelli attuali. Non c’erano biciclette in grado di scendere alle velocità dei mezzi moderni. Velocità maggiori, sollecitazioni maggiori e quindi maggior rischio di rompere componenti, specialmente se questi sono molto esposti come il deragliatore.     I limiti della trasmissione “tradizionale” sono comunque evidenti. Primo tra tutti è il problema delle cambiate sotto sforzo: non si può cambiare quando la tensione della catena è eccessiva, così come non si può cambiare se non si sta pedalando. I sistemi di trasmissione interna nascono proprio con l’intento di superare quelli che sono gli attuali limiti della trasmissione tradizionale, con l’intento di semplificare la vita al biker ed incrementare la durata dei componenti, riducendo il rischio di rotture. Il Pinion New entry in questo settore è il Pinion. Sviluppato proprio per sopperire ai limiti delle trasmissioni tradizionali, il pinion supera i limiti delle precedenti trasmissioni interne posizionando gli ingranaggi in zona movimento centrale.     Gli ingranaggi sono infatti la parte più pesante di ogni sistema di trasmissione interna ed il loro posizionamento influenza in maniera piuttosto importante il comportamento di una mountain bike. Il movimento centrale è il posto migliore dove concentrare il peso: si tratta della zona più bassa della bici e posizionando in tale zona il meccanismo di moltiplica, otteniamo una bici con il baricentro più basso possibile. Baricentro basso significa numerosi vantaggi per il rider:la bici non tende a ribaltarsi in discesa, risulta più maneggevole in curva e nei cambi di direzione, risulta più stabile sullo scassato. Il peso posizionato sul movimento cenrale poi non va ad influenzare la sospensione posteriore. Se noi infatti appesantiamo il mozzo o la ruota, aumenta l’inerzia del sistema quando impatta su un ostacolo: la sospensione quindi si impigrisce e la ruota non riesce a seguire correttamente tutte le asperità del terreno. Con il peso in zona  movimento centrale, questo problema non si pone.     Internamente il Pinion è costituito da una serie di ingranaggi in grado di ottenere 18 rapporti. Possono sembrare pochi, ma in realtà il Pinion è il sistema che ad oggi offre la maggior gamma di rapporti disponibili, addirittura più di un sistema con deragliatore tradizionale. Si tratta infatti di 18 rapporti con un incremento continuo dell’11,5%: niente doppioni, come sui sistemi con doppia corona o tripla. Il sistema è costituito da 6 coppie di ingranaggi a cui si aggiunge un variatore, dotato di 3 posizioni. A seconda della posizione di questo variatore, i 6 rapporti vengono moltiplicati in maniera opportuna, ottenendo i 18 rapporti efettivamente disponibili. Gli ingranaggi lavorano in modo che siano ingaggiati sempre due coppie di ruote dentate: questo consente la cambiata in ogni condizione, anche sotto sforzo.     Il meccanismo è attuato da un cavo, che fa ruotare  una ghiera. Questa ghiera, collegata ad un apposito meccasnimo, gestisce gli agganci dei vari ingranaggi che gestiscono i rapporti. In pratica ruotando la ghiera, un meccanismo innesta un determinato ingranaggio e posiziona il moltiplicatore in maniera opportuna. Il funzionamento è molto complicato, per cui non scenderò troppo nei dettagli… Ci basti sapere che sono una serie di ingranaggi in acciaio a moltiplicare il movimento rotatorio della pedivella. Di fatto insomma corona e pedivella si trovano a ruotare a velocità...

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Salsa forcellini Alternator, il particolare che fa la differenza.

 articolo tratto da:   www.pedaldomain.it Alcuni biker hanno fatto l’errore di chiedermi come fa la Mukluk ad avere il telaio a geometria variabile. Per punizione ecco una spiegazione sintetica di questa caratteristica. Alternator e geometria variabile delle Salsa che li montano (El Mariachi, Fargo, Deadwood, Blackborrow, Mukluk): cosa cambia nella sostanza? il Mukluk è una delle regine della sua categoria: Le fat bike da Trail, quel segmento che privilegia l’uso su tutti i terreni e la guida divertente. Una delle caratteristiche più uniche e interessanti della Mukluk è comune ad altri telai, come il Blackborrow e la mitica Fargo si chiama Alternator.   Cosa è un retrotreno Alternator? Immaginate di avere l’attacco della vostra ruota posteriore mobile e modulare. Invece di avere le tubazioni con i forcellini a cui si attacca direttamente la ruota avete due piastre mobili ma robustissime che da un lato si avvitano al telaio e dall’altro sorreggono la ruota e l’attacco disco. Detto così sembra complicato ma non lo è: vi basta dare un’occhiata alla foto. Il progetto di sviluppo è iniziato nel 2008 ed è stato applicato per la prima volta su un modello presentato nel 2010, quindi sei anni fa a dimostrazione della sua grandissima affidabilità e robustezza. COME FUNZIONA? Se guardate il bullone più grande nella parte in basso vedrete che non è inserito in un foro come la vite superiore ma in un’asola. E’ sufficiente mollare la vite sopra e la vite sotto per far slittare l’Alternator spostando di conseguenza la ruota posteriore avanti o indietro. Questa modifica si può fare in ogni momento anche con la bici montata usando un semplicissimo multi tool da tasca. COSA FA DI SPECIALE questo sistema che gli altri non fanno? Grazie agli Alternator potete cambiare rapidamente una delle misure più importanti del telaio: la lunghezza del carro posteriore. Questa è forse la misura più importante per definire la maneggevolezza e la stabilità di una bici. Il carro corto (poca distanza tra perno ruota posteriore e perno pedivelle) sposta il baricentro più vicino alla ruota posteriore e agevola i cambi di direzione e le ‘acrobazie’. Un carro lungo invece (tanta distanza tra perno ruota posteriore e perno pedivelle) rende il peso più ‘centrale’, la bici più stabile sul veloce e più facile da guidare alle alte velocità e quando si viaggia carichi. Le altre bici visto che non possono cambiare questa misura devono fare un compromesso e trovare una sola posizione che vada bene un poco per tutto. Alcune hanno il doppio buco dietro ma non hanno regolazione fine come invece permette l’asola.     Forcellino Salsa Alternator Il carro è una misura importantissima perché anche una variazione di tre o quattro millimetri si sente tantissimo. Gli Alternator spostano la ruota posteriore di diciassette millimetri. Questo significa che il ciclista può personalizzare la maneggevolezza della sua bici adattandola al proprio uso e al proprio stile di guida fino a trovare il punto ideale, un poco come fanno in Motogp dove cambiano le caratteristiche di guida delle moto per adattarle ai diversi stili dei piloti. Se per esempio preferite il carro corto durante la stagione estiva, nella stagione invernale potete dare alla bici maggiore stabilità per viaggiare più velocemente nelle piste innevate o sulle strade coperte da uno strato di neve fresca. Se poi volete partire per un viaggio e dovete caricare la bici allungare il carro renderà la guida più stabile e meno stancante. Potete anche decidere di tenere il carro sempre il più corto possibile adattandone la lunghezza al pneumatico che montate, così da lasciare un minimo di luce ma risparmiare ogni millimetro per avere...

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Freni Shimano ST-RS685: test

articolo tratto da : www.bdc-mag.com Di Piergiorgio Sbrissa on14 maggio 2015 Il sistema si compone dei comandi RS685, dal funzionamento idraulico, ma compatibili con i gruppi meccanici della casa giapponese. Questi comandi non sono specifici ad un gruppo in particolare, ma sono stati pensati appositamente per esserlo con tutti i vari gruppi della gamma Shimano, quindi riportano solo il logo Shimano senza nomi specifici. Gli altri componenti fondamentali sono le pinze, le R785, che sono le stesse utilizzate sull’impianto DI2, ma con un piccolo perfezionamento nella disposizione dell’attacco del tubo. Ed infine dai rotori Ice Tech FREEZA Center-Lock SM-RT99 da 140mm sia per l’anteriore che posteriore.L’impianto, volendolo comprare aftermaket, necessita dell’installazione e quindi dell’inserimento dei tubi idraulici e del riempimento dell’impianto con olio minerale. L’operazione non è propriamente agevole, in particolare per via dell’ingresso dell’olio dalla parte della pinza. In ogni caso, riassumendo, queste sono le operazioni da fare: – smontare la pinza dal telaio in modo da avere la bleeding port (nella seconda foto sotto la porta è nascosta da un tappo di gomma, non è la brugola ma proprio li sotto) nel punto più alto possibile. – sollevare il paramani controllare che la porta dello spurgo non guardi in terra (verificare tramite l’olio nel bicchierino-incluso- che deve essere in bolla rispetto al pavimento) – quando si spurga tenere la vite del free stroke sulla leva svitata. – può essere utile farsi aiutare da una seconda persona che tiri la leva mentre viene aperta per un breve tempo la porta di spurgo sulla pinza dall’altra persona. in questo modo vengono espulse eventuali bolle d’aria intrappolate nel tubo. Un consiglio che ci sentiamo di darvi è di acquistare il set con le giunzioni semplificate dei tubi idraulici (immagine sotto). Questo è pressoché  fondamentale nel caso abbiate la necessità di smontare o i comandi o le pinze per un qualsiasi motivo. In caso contrario con i tubi standard sarete costretti a tagliarli, visto che le ogive di innesto sono a pressione. Il che vuol dire praticamente smontare tutta la bici (peggio ancora se con passaggi cavi interni sul telaio o manubrio). L’ergonomia dei comandi è ottima e cambia nulla dai comandi normali Shimano. Sono solo un po’ più ingombranti sia in altezza che in larghezza, ma questo non risulta un problema, anzi il feeling potrà anche essere migliore per chi ha mani grandi. Fermo restando che le distanze leve-manubrio sono le medesime dei comandi standard, quindi nessun problema anche per chi ha mani piccole. Anche la distanza delle leva rimane regolabile a 10mm. Per quanto riguarda le pinze, come detto, sono praticamente le stesse montate coi comandi DI2, con pistoncini in ceramica da 22mm opposti. Il corpo è forgiato e presenta le alette di raffreddamento. I dischi sono i FREEZA da 140mm centerlock con tecnologia Ice-Tech che si usano anche in mtb. In questo articolo sul magazine cugino potrete ragguagliarvi in merito. La sostanza non cambia, anche se per un giudizio ci riserviamo un futuro test con altri dischi non Ice-Tech. Nella pratica, come potete vedere dalle foto, il tutto è stato montato con quick-release standard, niente perni passanti, su ruote Shimano RX830. Il funzionamento di questo impianto è sempre stato impeccabile. Solo sfiorando le leve si ha una frenata potente ed aggressiva, senza essere troppo brusca. La modulabilità resta ottima, basta solo ricordarsi di sfiorare leggermente le leve. Senza entrare nel merito delle solite discussioni pro o contro i freni a disco, con questo impianto anche chi è abituato a discese sempre a freni tirati (invece che frenando a staccate come si dovrebbe) si troverà a suo agio, visto che...

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