STUDIO SULLA “GUIDABILITA’ ” DELLA BICICLETTA

 di PAOLO GANIO MEGO Nelle righe che seguono , Paolo Ganio Mego (lo scrivente), ha  cercato di dare un riscontro matematico alla determinazione della “guidabilità” della bicicletta (altri termini potrebbero essere:capacità, prontezza, risposta, facilità…etc.,..di sterzata). Tale caratteristica della bici,è sempre stata poco trattata anche perchè spesso non è tenuta in considerazione  dal ciclista utilizzatore della bicicletta, ma ha la sua importanza  perchè contribuisce a “formare il carattere” della bicicletta. Per fare un esempio pratico, si può dire che , nelle corse  di solito i passisti (cioè i ciclisti che pedalano bene in pianura) preferiscono una bici che tenga bene la linea, ossia meno reattiva di sterzo rispetto agli sprinter o scalatori che , al contrario desiderano che la bicicletta assecondi  velocemente i loro “desideri di traiettoria” in volata come in salita. Questa caratteristica si determina  dalla combinazione  dell’angolo di sterzo, del rake forcella, e  anche come ho cercato di ipotizzare dall’altezza del cannotto forcella (queste quote sono visualizzate in figura 1). Solitamente il problema del dimensionamento dell’anteriore di una bici , viene risolto (nelle riviste o nelle pubblicazioni varie) descrivendo solamente  l’avancorsa. E’ noto come l’avancorsa dipende  matematicamente oltre che dal raggio della ruota, solo  dall’angolo sterzo e dal rake  forcella. Quindi trovato il valore  di avancorsa ideale  per una bici da corsa da 28″ , di qualunque taglia sia, si sarebbe risolto il problema del dimensionamento dello sterzo e quindi della guidabilità relativa. Ma allora  come spiegare il fatto che , se si ha la fortuna di avere sottomano una tabella (attendibile) delle misure di un costruttore di telai, si  può vedere che al variare  dell’altezza del telaio , varia seppur di poco , anche il valore dell’angolo di sterzo?   Normalmente nelle bici da corsa  l’angolo di sterzo parte da un  valore di poco più  di 72° per i telai di taglia più piccola, per arrivare a poco oltre i 74° per i telai di taglia più grande. Con il testo che segue ,ho cercato di attribuire un valore numerico alla guidabilità ,termine gia definito nelle righe sopra.       Nella figura 2 ho schematizzato le forze che ho ipotizzato esistere sul sistema forcella – telaio utili a questo studio. Esse sono: Fr= forza perpendicolare al suolo agente sulle punte forcella (è la forza di reazione sul mozzo anteriore alla forza peso bici con o senza ciclista). Per semplicità di calcolo ho assunto tale forza uguale a 1KG; Ft= forza perpendicolare all’asse longitudinale dei foderi forcella (in questo caso schematizzati diritti); per costruzione si ricava dalla scomposizione della forza Fr; Finf  e  Fsup = sono le forze che agiscono sul cannotto forcella  per reazione alla forza Ft; ho ipotizzato che sono disposte  come nella figura accanto (intersezione base coni inferiori-asse cannotto per Finf e intersezione estremità cannotto – asse cannotto per Fsup). Ho supposto le forze disposte in questo modo per semplificare i calcoli che altrimenti sarebbero condizionati dal tipo di serie sterzo e dal modello di attacco manubrio. Finf e Fsup ,per loro disposizione formano una  “coppia” il cui momento vale:((Fsup+Finf)*d)/2, relazione valida – per semplificare i calcoli – quando l’asse giratorio della coppia, giace nella mezzeria del cannotto, cioè equidistante da Fsup e Finf; nella formula che segue ho attribito il nome di  coppia guida relativa Cg al valore della coppia Finf-Fsup;(vedere figura 2). La formula che inizio a descrivere si basa sull’ipotesi che la coppia guida relativa  Cg influisca sulla guidabilità in quanto per propria disposizione, tenderebbe  a comprimere al suolo  l’insieme foderi forcella, punte e quindi ruota , determinando una “resistenza” alla fase di sterzata nella zona di contatto  ruota anteriore- suolo  . Il valore di tale  resistenza sarebbe allora proporzionale  alla “sensazione ” di guidabilità che...

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LA CADENZA

Oltre due secoli or sono James Watt stabilì che un cavallo da tiro impiegava 1 minuto per spostare di 1 piede ( 30,48 cm) un peso di 33000 libbre ( circa 15 tonnellate). Da questo nacque il termine ” HorsePower” o più semplicemente ” HP”, equivalente alla potenza appunto, di un cavallo, che è pari a 745, 7 Watt. Vi chiederete: che pertinenza ha tutto questo con l’argomento trattato in questo articolo? La pertinenza c’è. Infatti tutte le moderne metodologie di allenamento fanno ormai completo riferimento alla potenza meccanica sviluppata dal ciclista e ad alcuni ben definiti range, riferiti alla frequenza cardiaca, ma soprattutto al monitoraggio della produzione di acido lattico. Inoltre, la potenza influenza notevolmente la cadenza della pedalata, specialmente in salita, dove l’effetto scia è praticamente nullo. Per entrare nell’argomento nella maniera più chiara e comprensibile, riportiamo una tabella, nella quale sono stati presi in considerazione soggetti con differente peso corporeo, ma con la stessa potenza meccanica espressa alla soglia anaerobica, stabilita a 280 watt. Parametro applicato e calcolato sia in pianura, che in salita con una pendenza media del 5 %. Questo per porre in risalto come il peso corporeo del ciclista influenzi la velocità, e di conseguenza – come vedremo più avanti – la cadenza di pedalata. Per calcolare i dati riportati in tabella sono stati presi i seguenti coefficienti: Rotolamento 0.0047 Resistenza aria 0.1670 in posizione abbassata sulla bicicletta Metabolismo basale 1.40 calorie x W/Kg Come potete constatare la tabella mette in risalto dati molto interessanti; ad esempio, un soggetto del peso di 60 chilogrammi, esprimendo una potenza meccanica di 280 watt, (dei quali 230 sono utilizzati per vincere la resistenza aerodinamica e 50 per gli attriti meccanici e di rotolamento), in pianura sviluppa una velocità di 40.1 km/h. Invece ad un ciclista del peso di 90 kg. sono necessari 215 watt per vincere la resistenza dell’aria, e 65 watt per gli attriti, ma come si può vedere, lo stesso sviluppa una velocità inferiore: 39.2 km/h ( quasi 1 km/h in meno) con una spesa energetica maggiore, pari a 4501 kj. Quindi un soggetto pesante, al contrario di quello che si crede, a parità di potenza meccanica espressa è svantaggiato, non solo in salita , ma anche in pianura. Naturalmente questi dati, anche se molto vicini agli effettivi rendimenti su strada, devono tener conto della variabilità dei numerosi fattori fisiologici, ambientali e atmosferici, che spiegheremo appresso. Un fattore da considerare è la cadenza di pedalata, parametro essenziale per la distribuzione ottimale della potenza meccanica posseduta. Perché  è così importante e qual’ è il regime ottimale di pedalata da utilizzare? Prima di rispondere a queste domande, è necessario fare delle precisazioni e delle considerazioni sull’argomento, di ordine generale e specifico, che ci aiuteranno a capire meglio i meccanismi che regolano la cadenza di pedalata. La corretta cadenza di pedalata chiama in causa numerosi fattori. Il primo, di ordine fisiologico, inerente la distribuzione e il reclutamento dei differenti tipi di fibre muscolari ( lente e veloci) del ciclista, la disponibilità e l’utilizzo dei differenti substrati energetici. Il secondo, di ordine biomeccanico, che regola l ’equilibrio tra lavoro dei muscoli agonisti e antagonisti delle gambe ( fase di spinta e di trazione). Ed è influenzato dalla corretta postura assunta in bicicletta, dalla lunghezza delle pedivelle, nonché da fattori cinetici, provocati dalle differenti situazioni e andature ( pianura, salita, in gruppo, ecc.), in cui il ciclista volta per volta si viene a trovare. Come si è riscontrato nella tabella l’aumento della velocità all’avanzamento influenza l’energia cinetica, che a sua volta condiziona il ritmo di pedalata. Questo condizionamento è...

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WATT E CICLISMO

Il ciclista, per avere ragione delle resistenze che gli si oppongono nella marcia (l’aria, il peso e gli attriti), deve applicare sui pedali una determinata forza. In pratica: il gesto della pedalata. Un gesto che può essere eseguito a velocità più o meno elevate. La potenza viene quindi determinata dalla sinergia tra la forza applicata sui pedali e la velocità di esecuzione del gesto ciclistico. Da qui la formula basilare della potenza ovvero: P = F * v Dove P è la potenza, F la forza applicata sui pedali e v la velocità di esecuzione del gesto. In conseguenza di questa formula: se volessimo aumentare una determinata potenza abbiamo due opportunità: applicare sui pedali una forza maggiore, oppure velocizzare la pedalata (o entrambe le cose …). Nel sistema metrico italiano la forza è espressa in Newton (N) (un newton equivale alla forza necessaria per imprimere ad una massa di 1 kg un’accelerazione di un metro al secondo quadrato), la velocità è espressa in metri al secondo (m/s) e la potenza in Watt (W), (1 Watt equivale alla potenza necessaria per sollevare di 1 metro un peso di 102 grammi in 1 secondo. Attualmente ci sono in commercio alcune strumentazioni (SRM, Power tap, Polar/Look) in grado di fornirci in tempo reale la potenza applicata al gesto ciclistico. Attraverso la guarnitura, i pedali o il mozzo posteriore sono in grado di misurare la forza che il ciclista sprigiona e, rapportandola alla velocità di esecuzione, ci mostrano la potenza espressa in ogni istante. Unico neo il costo elevato. E’ possibile però aggirare il problema, calcolando empiricamente una media di questa forza istantanea per un determinato periodo di tempo; il risultato che otterremo ci fornirà la potenza media che un atleta è in grado di sprigionare in un intervallo di tempo. Lo faremo applicando una rigorosa formula matematica a tutti quei parametri che influenzano la marcia di un ciclista. Il metodo non è privo di difetti: un vento sostenuto, la scia di un compagno, una posizione in bici più o meno aerodinamica falsano inevitabilmente il calcolo. O meglio, sono fattori che dovrebbero essere quantificati esattamente, ma nella pratica ciò risulta molto difficile da valutare. Per stimare la potenza con maggior precisione, il metodo migliore è quello di fare un test su una salita. La salita risulta il terreno ideale per il nostro calcolo, perché tutti i fattori aerodinamici, i più difficili da calcolare, sono minimizzati. Cominciamo con l’elencare e analizzare tutti i fattori da tenere in considerazione per il calcolo della potenza: lunghezza percorso = s E’ espressa in metri (m) e indica la distanza che intercorre tra il punto di partenza e il punto di arrivo. dislivello = d E’ espresso in metri (m) e indica la differenza di altitudine tra la quota di partenza e quella di arrivo. tempo di percorrenza = t E’ espresso in secondi (s) ed è il tempo trascorso tra inizio e fine tragitto. peso ciclista + bici e abbigliamento = p E’ espresso in chilogrammi (kg) ed è il peso del ciclista vestito e della bicicletta fondo stradale = a E’ un coefficiente ricavato da test di laboratorio (coefficiente di rotolamento) e dipende dalla capacità di scorrevolezza del battistrada sul fondo stradale. Potrà variare come segue: area frontale = m Il valore di m è pari alla superficie frontale in m² del ciclista più bici; cioè la parte del corpo esposta alla resistenza aerodinamica all’avanzamento. Per stimarla, un metodo semplice ma di difficile messa in pratica è quello di farsi fare una fotografia frontalmente, passarla allo scanner e calcolarne attraverso i pixel l’area ciclista + bici...

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PERCHE’ LA BICI STA IN PIEDI?

Si potrebbe cominciare con un indovinello «quale è quella cosa che quando va sta in piedi e quando si ferma cade? (Non perché è stanca)»Ma è proprio la nostra bici questa strana cosa; lo stesso nome “bici” è indice di due, di due ruote e quindi di due soli punti di appoggio, ne consegue che la bici non é un mezzo che sta “in piedi” da sola, perché, come tutti sanno, per tenere stabilmente fermo un oggetto su un piano servono almeno tre punti di appoggio. Però quando la nostra “cosa” è in marcia, lei sta in piedi assieme a chi la monta e la fa andare.   Andiamo perciò a vedere ora quale é il fenomeno che fa stare la bici “in piedi”, cosa succede quando il mezzo meccanico é in movimento. 1.1 l’effetto giroscopico Sfatiamo subito il discorso che la bici sta in piedi a causa dell’effetto giroscopico dovuto alle ruote che girano. L’effetto giroscopico (spiegato in Nota 1) è presente in ogni corpo in rotazione, il suo effetto è legato alla velocità ed al peso della massa in rotazione ed é l’effetto per il quale il corpo in rotazione tende a mantenersi sullo stesso piano di rotazione opponendosi a eventuali forze che tenderebbero a portarlo su un’ altra posizione. Nella bici detto effetto, dovuto al peso ed alla velocità delle ruote in movimento, è molto limitato perché il peso delle ruote è abbastanza ridotto  e la velocità in gioco è di valore tale che il prodotto massa-velocità, assume un valore inadeguato a stabilizzare il peso dell’accoppiata uomo-bici   Sappiamo inoltre che un ciclista riesce a stare “in piedi” sulla sua bici anche viaggiando a 2-3 Km/ora e perfino rimanendo fermo (es. vedi i surplace dei pistards), cioè in assenza assoluta di effetto giroscopico. Si può quindi concludere che detto effetto non é la causa che fa stare in piedi una bici normale. 1.2 eppure sta in piedi Il principio base generale per non cadere é il seguente: un corpo qualunque sta “in piedi” quando la linea verticale risultante somma di tutte le forze che influiscono sul corpo, (gravità, forza centrifuga, vento, ecc. ) passante per il suo baricentro cade entro la sua area o linea (nel nostro caso) di base.   Lo “stare in piedi della bici” quando è in movimento non si discosta da quanto detto sopra e dipende da diversi fattori (oltre il pur minimo effetto giroscopico) come le caratteristiche geometriche dello sterzo, il tipo di gomma, la dimensione della bici, il peso del ciclista, e l’importantissimo senso di equilibrio del ciclista stesso (senso vestibolare ecc.).     1.2.1 dimostrazione Prendiamo una bici di qualsiasi tipo e facciamo la seguente prova: Con qualche artificio teniamo ferma la ruota anteriore nel punto ove tocca il terreno (punto O di fig.3) in modo di non farla andare ne avanti ne indietro ma che sia solo possibile farla ruotare col manubrio sia verso destra che verso sinistra. Si nota benissimo che se si ruota il manubrio verso destra il telaio si sposta verso sinistra e viceversa, analogamente si sposterà il sellino ed il corpo del ciclista; ecco questo é  tutto il “segreto” dello stare in piedi.   In pratica, quando il sistema bici+uomo é in viaggio, il ciclista fa dei movimenti, più o meno spontanei, spostando il sistema di guida (ed anche il suo corpo) a destra o a sinistra ottenendo, come risultato medio, il fatto che il baricentro del sistema rimane in mezzo tra i due possibili spostamenti, in pratica si opera per mantenere il baricentro del complesso entro la stretta linea di base (fig. 3).  ...

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