Perchè PEDALARE AGILE conviene?

In questi giorni  si sente solo parlare di Froome e del suo “buffo” modo di pedalare e dei sospetti di doping o quantaltro. Documentandomi sull’argomento ho trovato questo articolo che affronta l’argomento scientificamente  e che credo possa dare almeno alcune risposte a tutti quelli che pensano che ci sia qual’cosa sotto. La fisica non é un’opinione. L’articolo é stato tratto da: www.aegsporting.com …Ce lo dicevano da bambini, quando alle prime pedalate fatte in bici da bordo strada ti urlavano <vai agile!> e qualcuno ci aggiungeva pure <…e mangia>. Il motivo di tali raccomandazioni?Nessuno se lo chiedeva: lo facevi e basta. Lo dicono ancora oggi i vecchi “saggi” del ciclismo, che quando si parla di preparazione alle corse basandosi solamente sull’esperienza e non sulla scienza, si raccomandano di iniziare d’inverno <con un mese di agilità. Guai, sino alle feste di Natale, mettere il 53!>. Le ragioni tecniche di questa proposta di allenamento? Non le hanno mai spiegate, ma <così si faceva una volta> e secondo loro così dovremmo fare anche oggi. Lo raccontava qualche tempo fa anche “Il” grande saggio del ciclismo italiano, Alfredo Martini: <il “rapportone” è come una cambiale: tu usalo pure, ma prima o poi la paghi!> Lo ripetono continuamente in televisione i commentatori delle corse professionistiche, Davide Cassani in testa: <quell’atleta lì se aumentasse la sua cadenza media di pedalata in salita di almeno 15 rpm, avrebbe dei grandi margini di miglioramento>. La verità è poi però che continuiamo a vedere atleti vincere, pur spingendo rapporti lunghissimi. Dove sta dunque la verità? Quali sono i motivi tecnici per cui uno dovrebbe scegliere di pedalare agile oppure duro?   IL CONTRIBUTO DELLA SCIENZA E DI UNA EQUIPE MOLTO PREPARATA Una risposta molto chiara e tecnicamente ineccepibile riesce a darla, anche con illustrazioni illuminanti, il prof. Mattia Michelusi nel volume OBIETTIVI, TIPOLOGIE E MEZZI DI ALLENAMENTO NEL CICLISMO MODERNO (Casa editrice Calzetti e Mariucci 2013), scritto in collaborazione con alcuni tecnici (tutti molto giovani e molto bravi) di ciclismo, coordinati dal prof. Fabrizio Tacchino, direttore responsabile del Coach Team Assistant (www.coachreality.blogspot.it), nostra vecchia conoscenza in quanto nel Girobio – Giro ciclistico d’Italia Under 27 da noi organizzato dal 2009 è stato per due anni coordinatore dello Staff Scientifico che seguiva gli atleti in gara. Una premessa d’obbligo: tutto ciò che vi diremo, possiamo dimostrarvi che ha valenza scientifica grazie al fatto che a fine anni ’80 è stato inventato il misuratore di potenza (in origine il famoso SRM (www.srm.de), oggi disponibile anche sotto altre forme, conosciute come POWERTAP (www.powertap.com) o per esempio il nuovissimo GARMIN VECTOR (http://sites.garmin.com/vector/?lang=it&country=IT) il quale oggi ci consente di misurare ogni tipo di gesto pedalato e ricavarne parametri, valori, potenzialità, grazie alla possibilità di scaricare grafici sul nostro computer. Cosa che non era possibile ai famosi “vecchi saggi”, che pur senza strumenti tecnici, con l’intuito avevano già capito molto, se non tutto del gesto pedalato.       COSA SONO LA FORZA E LA POTENZA? Innanzitutto partiamo da due definizioni che ci sono indispensabili per svelare il nostro rebus sulla convenienza dell’andare agili o duri sui pedali.     Cos’è la FORZA? La forza muscolare è quella capacità motoria che permette di vincere una resistenza (per esempio la resistenza della catena che, agganciata agli ingranaggi della guarnitura, non vorrebbe farci abbassare la pedivella verso il basso…) ed a questa si oppone tramite la tensione di una parte della muscolatura. Nel nostro caso, in gran parte, della muscolatura delle gambe (ovviamente coadiuvata dalla schiena, glutei, busto in genere, ma in parte minore). Come viene erogata da noi che pedaliamo? Semplice, coniugando una forza (N) di spinta (da parte della...

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Come allenarsi quando si ha poco tempo a disposizione?

Molti ciclisti hanno il problema di aver poco tempo a disposizione e quindi si pongono il problema di come rendere più efficaci le uscite brevi.     Il protocollo Tabata (dal nome del suo ideatore) richiede infatti solo quattro minuti di massima intensità. Che cosa puoi realizzare in soli quattro minuti di allenamento massimale? Molto più di ciò che credi! Tutto quello che devi fare è ovviamente dare il massimo in questo breve lasso di tempo. Meglio ancora, invece di compiere uno sforzo continuativo per quattro minuti, si pedala alla massima potenza ed intensità per brevi intervalli, spaziati temporalmente da altrettanti intervalli di recupero  tali da permettere di ripetere lo scatto senza evidenti declini nella prestazione (sempre dal punto di vista della potenza espressa) Quale è lo scopo di questi quattro minuti di sessione massimale? Rafforzare sia capacità aerobiche che anaerobiche simultaneamente, aumentare la tolleranza alla fatica, e migliorare quindi direttamente la prestazione nel ciclismo in maniera duplice. La metodica allenante che ho appena introdotto è nota come il protocollo Tabata. Trae il nome proprio dal Dott.Izumi Tabata, un ex ricercatore presso l’Istituto Nazionale Giappone del fitness e dello sport di Kanoya, che ha imparato, appreso, e applicato le sue ricerche come allenatore della nazionale giapponese di pattinaggio di velocità. In particolare, questo specifico allenamento si compone di sei/otto sprint di massima intensità della durata di 20 secondi a testa, con soli 10 secondi di recupero passivo tra di loro. La sessione è così impegnativa ed intensa che la maggior parte degli atleti (professionisti) che praticavano pattinaggio di velocità e che sono stati i primi ad applicare questo lavoro specifico riuscivano a completare non più di sei/sette intervalli. Solo un numero limitato riusciva a fare otto ripetizioni. Per Tabata interesse primario della ricerca è stato l’influenza dell’intensità sulla prestazione. Attraverso il suo lavoro è venuto a ritenere che l’ INTENSITA’ dell’allenamento è tanto importante quanto, se non più importante, della DURATA. Così, quando venne a conoscenza che stava per essere provato un allenamento che richiedeva 2 minuti e 40 secondi di massima intensità di lavoro netto inseriti in un periodo di soli quattro minuti (per coloro che completavano otto intervalli), è rimasto incuriosito ed ha voluto approfondire la teoria e la metodologia alla base di questo allenamento.         Per testare gli effetti di questo allenamento Tabata ha prima trasferito questo allenamento dal pattinaggio di velocità alla bicicletta, in particolare su ergometri stazionari. Poi si è servito di un primo gruppo di atleti e ha fatto eseguire il protocollo con cinque allenamenti alla settimana, per sei settimane totali. All’inizio e alla fine del periodo di studio Tabata ed il suo team ha misurato VO2max (massimo consumo d’ossigeno) e la capacità anaerobica di tutti i soggetti. Per fornire una base di confronto Tabata ha condotto un secondo esperimento in cui un gruppo di controllo (ovviamente altri atleti) pedalavano su ergometri stazionari per un’ora, ad una intensità moderata (70% del VO2max) cinque giorni alla settimana, sempre per sei settimane totali. Ovviamente anche per questi soggetti vennero misurati VO2max e la loro capacità anaerobica. I risultati sono stati impressionanti. I soggetti che avevano seguito un allenamento a moderata intensità di esercizio avevano avuto un miglioramento del loro VO2max di circa il 9,5%, mentre la loro capacità anaerobica non era migliorata affatto. I soggetti allenati secondo il protocollo ad intervalli alla loro massima intensità (Tabata), nonostante l’esercizio complessivo avesse una durata di soli 20 minuti a settimana rispetto alle cinque ore alla settimana per l’altro gruppo, hanno migliorato il loro VO2max del 14% e la loro capacità anaerobica addirittura del 28%...

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Elettroliti nel sangue

Elettroliti del sangue cosa sono e a cosa servono? Quali sono i valori normali degli elettroliti nel sangue e nel siero? Nei liquidi organici sono contenute, oltre all’acqua, buone percentuali di sali, acidi e basi. Sintetizzando gli elettroliti sono fondamentamentali al nostro organismo per; modificare le costanti fisiche del solvente (aspetto, colore, sapore, odore, grado di ebolizione) abbassando il punto di congelamento e la tensione di vapore ed innalzando il punto di ebolizione. Gli elettroliti svolgono una pressione osmotica proporzionale al numero delle particelle disciolte, si distribuiscono diversamente ai lati di membrane permeabili quali sono le pareti delle cellule e si dissociano in modo più o meno completo, liberando ioni carichi positivamente (cationi) e negativamente (anioni) che possono variamente combinarsi tra loro e neutralizzarsi a vicenda. Elettroliti, cationi, anioni Prendendo appunto il nome di elettroliti gli elementi le cui molecole al passaggio della corrente elettrica attraverso la soluzione di cui sono immersi si decompongono in particelle ancora più piccole chiamate ioni e si caricano di una carica elettrica positiva e negativa. I cationi sono le particelle che, cariche di elettricità positiva, sono attirate verso il polo negativo (catodo). Sono ioni positivi: H+, Na+, K+, Ca++, Mg++. Sono anioni le particelle che, portatrici di elettricità megativa sciamano nella soluzione verso il polo positivo o annodo. Sono ioni negativi: Cl-, HCOB- (bicarbonato), HPO4– (fosfato), SO4– (solfato) ed i radicali acidi organici come l’acido acetico, l’acido piruvico e molti altri, ed infine le stesse molecole proteiche che al ph del sangue tendono a caricarsi negativamente. Dobbiamo considerare i liquidi contenuti nel corpo umano, suddivisi in due grandi compartimenti: 1° compartimento: quello intracellulare che è rappresentato nella parte liquida del citoplasma cellulare; 2° compartimento: extracellulare che è rappresentato dai liquidi contenuti negli interstizi cellulari e nei connettivi, separato dal precedente ad opera delle membrane superficiali delle cellule. Una parte di questo è contenuto entro il sistema vascolare e costituisce il plasma sanguigno. E’ molto importante notare che, mentre nel liquido extracellulare predominano largamente il sodio fra i cationi ed il cloro ed il bicarbonato fra gli anioni, nell’acqua intracellulare sono maggiormente rappresentati il potassio fra i cationi ed il fosfato e gli ioni proteici fra gli anioni. La diversa distribuzione degli ioni nei due compartimenti dipende da una funzione di barriera svolta tra le membrane cellulari, che hanno una permeabilità selettiva e possono regolare gli scambi e la concentrazione degli elettroliti ai due lati della membrana stessa. Nonostante la diversa composizione elettrolitica in ciascun compartimento il numero degli ioni negativi deve bilaciare quello degli ioni positivi per assicurare un ambiente in equilibrio elettrico ed un ph prossima alla neutralità. Le funzioni più importanti degli elettroliti Una delle principali funzioni degli elettroliti è la capacità di combinarsi chimicamente neutralizzando le loro cariche elettriche (+ unito a – -) e formando così molecole di sali. Tutti gli elettroliti, pur potendo, non vengono espressi in mg. come la maggior parte delle sostanze, ma si ricorre per essi ad una unità di misura del tutto particolare chiamata equivalente. L’equivalente è dato dal peso degli ioni o della molecola di un elettrolita diviso il suo numero di valenza. Il patrimonio idro-salino dell’organismo, in condizioni normali, è la risultante di un equilibrio fra l’assunzione di acqua e di elettroliti e l’eleminazione ad opera degli emuntori. Come è noto, il rene ha una posizione di grande preminenza nella regolazione del ricambio idrico, poichè i tuboli renali, su cui convergono gli stimoli neuro-ormonali che controllano l’omeostasi dell’acqua e dei sali corporei, possono variare l’entità e la qualità del riassorbimento dei liquidi e dei soluti del filtrato glomerulare. In questo modo adeguano la composizione dell’urina alle esigenze determinate dalla quantità di acqua e soprattutto dalla quantità di soluti...

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Sodio nel sangue: a cosa serve

Il sodio è un elemento essenziale per la crescita e la buona salute dell’uomo. In un organismo adulto ne troviamo circa 92 grammi, distribuiti soprattutto nei liquidi extracellulari (40%), nel tessuto osseo (43%) – che funge da riserva -, nel connettivo e nella cartilagine. Il metabolismo del sodio è strettamente correlato con quello del potassio; mentre il primo catione, come abbiamo detto, si trova principalmente nei liquidi corporei esterni alla cellula, il potassio è particolarmente concentrato nei liquidi intracellulari.   Funzioni del sodio Le funzioni del sodio sono varie e molto importanti: – regola l’osmolarità del plasma e del liquido extracellulare: se presente in concentrazioni eccessive, richiama, per ragioni di osmosi, notevoli quantità di acqua, causando edema ed ipertensione (a causa dell’aumento di volume ematico); al contrario, in presenza di deficit di sodio, si assiste ad una diminuzione del volume di sangue e di liquido interstiziale. – Forma gradienti elettrochimici a livello della membrana cellulare, che sono molto importanti per la trasmissione dell’impulso nervoso, per la contrazione muscolare e per gli scambi cellulari (nutrienti, ioni, acqua ecc.). – Regola l’equilibrio acido/base. Assorbimento e metabolismo del sodio Il sodio alimentare è facilmente assorbito nel tratto finale dell’intestino tenue, detto ileo. Quello in eccesso viene eliminato attraverso le urine e, in misura minore, con la sudorazione e con le feci. In condizioni particolari, come una sudorazione profusa o in presenza di diarrea, le perdite extra renali di sodio possono comunque diventare cospicue.   Il rene rappresenta il principale agente regolatore del metabolismo del sodio; considerata la notevole importanza di questo minerale, a tale processo partecipano anche numerosi organi e messaggeri chimici. Tra questi, il più noto è sicuramente l’aldosterone, un ormone prodotto dalla corteccia surrenale che aumenta il riassorbimento del sodio e l’eliminazione degli ioni potassio. Un altro ormone dotato di attività analoga è la vasopressina, mentre il peptide natriuretico atriale agisce in maniera opposta, facilitando l’escrezione di sodio e le perdite d’acqua. Nel plasma sanguigno il sodio raggiunge, normalmente, concentrazioni di 140 mEq/l. Si parla di iponatremia o di iposodemia quando la quantità di sodio nel sangue scende al disotto della norma. Generalmente causata da particolari disordini endocrini o da abuso di diuretici, l’iponatremia determina anoressia, nausea, vomito e, nei casi più gravi, coma e morte. Quando si registrano aumenti non fisiologici della sodemia si parla di ipernatremia; tale condizione può essere causata da iperassunzione di sodio e/o da perdite eccessive di liquidi (diarrea, diabete, sudorazione profusa ecc.): determina ipertensione arteriosa che, nei casi più gravi, può evolversi in scompenso cardiaco. Fabbisogno di sodio Il fabbisogno quotidiano di sodio si assesta, secondo le indicazioni europee ed italiane, tra i 0,6 ed i 3,5 grammi, mentre le RDA americane indicano livelli leggermente inferiori (0,5-2,4 g/die). Tale quota viene facilmente assicurata da una dieta varia e bilanciata, senza la necessità di aggiungere sale alle pietanze. Il sodio è particolarmente abbondante nei salumi e negli altri alimenti a cui viene aggiunto per aumentarne conservabilità (capperi, bottarga ecc.) e sapidità (acciughe, formaggi, stuzzicherie, olive ed altri alimenti conservati in salamoia). In generale i cibi di provenienza animale (latte, carni, pollame e pesce) sono più ricchi di sodio degli alimenti di origine vegetale (cereali, verdure, ortaggi e frutta). Per approfondire vedi anche: gli alimenti più ricchi di sodio. Eccesso e carenza di sodio: meglio ridurlo ma non eliminarlo, soprattutto d’estate L’abitudine di salare le pietanze porta ad introdurre quantità eccessive di sodio. Ricordiamo, a tal proposito, che ogni grammo di sale da cucina contiene mediamente 0,4 g di sodio. In caso di sovradosaggio cronico, questo minerale sembra giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’ipertensione, ma anche,...

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IL POTASSIO: a cosa serve

Il potassio è un minerale essenziale per il corpo umano perché svolge un’azione assai rilevante in numerosi processi fisiologici. Insieme al sodio, il potassio contribuisce a mantenere normale il ritmo cardiaco, a trasmettere gli impulsi nervosi e regolare l’equilibrio idrico del nostro organismo. Oltre a queste funzioni, questo minerale è necessario per la sintesi delle proteine muscolari e per la trasformazione del glucosio in glicogeno, in modo tale che il fegato possa immagazzinarlo. Inoltre, esso regola il pH del sangue, stimola la produzione di urina da parte dei reni, la secrezione di insulina e l’attività di molti enzimi. Studi clinici hanno dimostrato che un incremento dell’assunzione quotidiana di potassio riduce la pressione arteriosa nei soggetti ipertesi, risultando dunque utile nella prevenzione di ictus e infarti. Potassio: Fabbisogno, Carenza ed Eccesso Il fabbisogno giornaliero di potassio per un individuo adulto è di circa 4 grammi. Viene assorbito dall’intestino tenue e viene eliminato, in buona parte, attraverso le urine e, in quantità più ridotte, tramite sudore e feci. La carenza di potassio, detta “ipokaliemia” (o “ipopotassiemia”), può essere provocata da diversi fattori. Tra di essi, ricordiamo: la gastroenterite o altre affezioni dell’apparato digerente, che causano la perdita di liquidi ricchi di potassio attraverso diarrea e vomito; l’assunzione di diuretici, lassativi o corticosteroidi; il digiuno prolungato, la grave malnutrizione o la disidratazione acuta; un regime dietetico povero di frutta e verdura; sforzi fisici eccessivi con conseguente sudorazione abbondante; un grosso consumo di caffè o alcool, bevande che accrescono la quantità di potassio eliminata attraverso le urine; diverse patologie renali; il diabete mellito. Bassi livelli di potassio nell’organismo possono avere numerosi effetti. Ecco i principali: debolezza muscolare; sonnolenza; stitichezza; insonnia; fragilità ossea; paralisi muscolari, causate dal fatto che la carenza di potassio incide negativamente sul metabolismo del glucosio, privando i muscoli dell’energia necessaria al loro funzionamento; nei casi più gravi, aritmie cardiache che possono portare addirittura alla morte. Ben più rara è l’eventualità che nel sangue sia presente una quantità eccessiva di potassio, detta “iperkaliemia”. Tale fenomeno è generalmente causato da gravi insufficienze renali oppure dall’abuso di integratori alimentari assunti per correggere l’ipokaliemia. Gli effetti più comuni dell’iperkaliemia sono intorpidimento e formicolio, crampi muscolari, alterazioni del ritmo cardiaco e, nei casi più gravi, persino l’arresto cardiaco. Potassio e Alimentazione Fonti alimentari particolarmente ricche di potassio sono le verdure, soprattutto quelle a foglia verde, i cereali integrali, i semi di girasole, la frutta, in particolare banane, kiwi, albicocche e arance, i legumi, le patate, il riso integrale, la carne magra, il salmone e il merluzzo. di Giuseppe Iorio articolo tratto da: www.megliosapere.info   Follow @RIALBIKE...

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