La lunghezza delle pedivelle

La lunghezza delle pedivelle conta parecchio nel ciclismo e, nonostante la scelta potrebbe e, talora, dovrebbe essere di una facilità disarmante, si trovano frequentemente opinioni discordi in merito. Teoricamente, il discorso è molto semplice. La pedivella è una leva di secondo grado, ove la forza resistente (resistenza) è infrapposta tra fulcro (il movimento centrale) e forza applicata (forza esercitata sul pedale). Trattandosi di una leva sempre “vantaggiosa”, con una pedivella più lunga si pedala, a parità di sforzo, ad una velocità più elevata oppure, a parità di velocità, con uno sforzo minore (non aspettatevi comunque grosse differenze all’atto pratico). C’è però un problema tutt’altro che irrilevante. Allungando la pedivella, il pedale, quindi il piede, compie una circonferenza più ampia e, nello stesso giro di 360°, percorre una distanza maggiore (per esempio, con una pedivella da 170 mm, il pedale compie un percorso circolare di circa 107 cm, mentre con una pedivella da 175 mm si passa a quasi 110 cm). Da un punto di vista pratico, ciò comporta una perdita di agilità immediatamente riscontrabile se si ha la possibilità di provare la stessa bicicletta con pedivelle di lunghezza differente. Da non sottovalutare nemmeno il fatto che, con pedivelle più lunghe, cresce anche la distanza tra punto morto inferiore e superiore della pedalata: le articolazioni sono sottoposte a movimenti angolari maggiori e tutta la muscolatura (particolarmente i quadricipiti femorali) viene allungata e contratta più intensamente. La scelta della pedivella sarà quindi sempre e comunque un compromesso tra agilità (pedivelle più corte) e capacità di spingere leve maggiori (pedivelle più lunghe), anche in funzione di gusti personali (uno “sprinter” è portato a ricercare l’agilità senza compromessi, mentre un cronoman o un triathleta, nelle gare senza scia, potrebbe beneficiare di misure “importanti”, sempre che abbia una muscolatura sufficientemente formata e che non lo penalizzi troppo). Ma ci sono differenze anche tra bici da corsa e mountain bike. Su strada, dove le scie e le variazioni di ritmo giocano un ruolo fondamentale, si privilegia l’agilità e generalmente si adottano misure di pedivelle più corte rispetto alla mountain bike. In questa specialità, infatti non esiste il “gioco di gruppo” e ognuno pedala o gareggia quasi esclusivamente in funzione di stesso, più o meno come se fosse una gara a tempo (l’agilità di pedalata ha quindi un’importanza minore).   Sul mercato si trovano pedivelle di lunghezza compresa tra 165 e 180 mm con incrementi di 2,5 mm. Tuttavia, non tutti i produttori e non tutti i gruppi hanno una scelta così ampia. Le 177,5 e le 180 mm si possono considerare di “elite”, reperibili soltanto in prodotti di altissima gamma e dall’utilizzo molto marginale. All’estremo opposto, non sempre si trovano in catalogo le 165 e le 167,5 mm (per esempio Campagnolo non le produce affatto). E’ quindi molto probabile che una bicicletta in “pronta consegna” abbia le 170 mm, le 172,5 mm (quasi uno standard nel ciclismo su strada moderno) oppure le 175 mm (più raramente). Tuttavia, non è raro trovare combinazioni “impossibili”, per esempio le 175 mm montate su telai da “nani” o viceversa. Controllare e scegliere è di importanza fondamentale, eppure raramente la pedivella rispecchia le misure antropometriche dello sportivo, anche esperto, talora propenso a pensare che una pedivella cambi poco o nulla nella pedalata. Per la lunghezza corretta, esiste una miriade di tabelle. Ancora oggi, molto utilizzata è quella di Bernard Hinault e Claude Genzling, tratta dal libro “Ciclismo su strada” (Sperling & Kupfer, 1989). Tuttavia non tiene conto nè della realtà del mercato, che di fatto restringe la scelta alle misure 170-172,5-175mm, nè delle caratteristiche fisiche individuali. A mio avviso, infatti, non...

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Pedivella “lunga”, pedivella “corta”, pedivella “normale”.

    Quali vantaggi offre l’uso di pedivelle più lunghe della media? Quali gli svantaggi? E ancora: in base a quali principi dev’essere scelta la lunghezza di una pedivella? E’ un componente da considerarsi di misura “standard”, sul quale “adattare” – per così dire – le caratteristiche del ciclista, a cominciare dalla posizione in sella? Oppure è da scegliere in funzione delle quote fisico-antropometriche individuali? E se le cose stanno così, perché la pedivella da 170 mm è quella più diffusa? Domande molto intriganti perché spesso nascondono pregiudizi e luoghi comuni difficili da estirpare. Domande molto interessanti per chi pedala, perché coinvolgono – in definitiva – l’intera teoria ciclistica e, in particolare, quella parte che riguarda la posizione sulla macchina ed il rendimento ottimale della pedalata. Dunque, un discorso che ci porterebbe lontano e che lo spazio tiranno ci impedisce di sviluppare come si dovrebbe. Ci proveremo, tuttavia, per grandi linee con l’intenzione soprattutto di dare un contributo per rimuovere i troppi pregiudizi del passato. Anche a costo di apparire schematici e non del tutto esaurienti. Partiamo da alcuni dati di fatto. Oggi le pedivelle più diffuse sono quelle lunghe 170 mm. I perché svariano dall’abitudine al conformismo, dall’esperienza consolidata, al timore della novità, ma non hanno una vera e propria ragione tecnico-scientifica. Non esiste ancora da noi, infatti, un modello teorico di riferimento del ciclista e del suo rendimento ottimale in bici che sia affidabile. Di rado la scelta della misura viene fatta rispettando i canoni amtropometrici del ciclista. Anzi. Si va per sentito dire, per usi e tradizioni abitudinarie, talvolta non del tutto condivisibili. O superate dall’evoluzione dei tempi. Spesso si dà più rilievo ad una verniciatura, ad un particolare estetico piuttosto che a questo componente. Come se da esso, da questa piccola, importantissima leva non dipendesse gran parte del nostro rendimento, quindi della nostra soddisfazione in sella. Eppure su di un dato la maggior parte degli esperti è d’accordo:   la lunghezza della pedivella dev’essere scelta in relazione alle quote degli arti inferiori Una teoria, però, che trova poca attuazione pratica. Anche se l’industria ed il mercato – occorre ammetterlo – offrono una gamma pressoché completa di possibilità. A frenare moltissimo lo sviluppo e la ricerca del giusto rapporto fra lunghezza degli arti inferiori e quota delle pedivelle sono stati nel tempo la relativa scarsità delle indagini speculative sull’argomento e il consolidarsi di molti, troppi pregiudizi. Prima fra tutte l’opinione che usare pedivelle più lunghe del tradizionale (la misura standard è di 170 mm) porterebbe ad un affaticamento pericoloso dei tendini e a una serie di guai che da questo problema discenderebbero a cascata. E talvolta le conclusioni non felici di esperienze frettolose o male effettuate hanno trovato appiglio in teorie, abbastanza condivise nell’ambiente delle due ruote fino a qualche tempo fa, ma spesso basate su conclusioni empiriche, o para-scientifiche, perché la ricerca non poteva avere alle spalle allora i mezzi e i metodi computerizzati di cui oggi dispone. Così, Giuseppe Ambrosini, uno dei “padri” della teoria e della tecnica della bicicletta (il suo “Prendi la bicicletta e vai”, è una vera e propria pietra miliare, anche se ora appare in taluni passi abbastanza datato) non nasconde la sua ostilità alle pedivelle più lunghe. Secondo Ambrosini il semplice aumento di un centimetro della lunghezza delle pedivelle provoca la crescita di due centimetri nel movimento del ginocchio dall’alto al basso durante la pedalata, mentre piede e caviglia compiono un percorso più lungo di 6,28 cm. lungo la circonferenza che rappresenta la rivoluzione completa. Ne deriva, secondo Ambrosini, che la coscia si flette maggiormente sul bacino quando il...

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Lunghezza pedivelle

Il funzionamento della bicicletta è determinato da un sistema di leve. Modificarne le dimensioni significa ottenere un diverso sviluppo delle forze che, lavorando bene, può dare risultati molto interessanti. La pedivella è il primo passaggio nella trasmissione dal sistema di leve uomo al sistema di leve bicicletta. Per seguire il nostro discorso e non potendo cambiare le misure delle gambe eccoci a parlare di lunghezza delle pedivelle. Prima di tutto vanno chiariti alcuni concetti: Distinzione tra velocità angolare della pedivella e velocità assoluta nel sistema di riferimento. Per semplificare immaginiamo il cerchio disegnato dal percorso compiuto dal pedale attorno al movimento centrale. La velocità angolare è data dalla frequenza di passaggio del pedale in un determinato punto del nostro cerchio, cioè la velocità di variazione dell’angolo disegnato dalla pedivella rispetto ad una retta immaginaria passante per il movimento centrale. A chiarimento di questo concetto si consideri come il sensore di cadenza che si applica solitamente al fodero posteriore funzioni indifferentemente dalla sua distanza dal movimento centrale: tutti i punti del fodero vedranno passare la pedivella nello stesso istante. La velocità assoluta, invece prende in considerazione il moto di rivoluzione del pedale attorno all’asse del movimento misurando lo spazio percorso sulla circonferenza nell’unità di tempo. Due ciclisti affiancati con pedivelle di diverse lunghezze osserveranno, alle loro pedivelle e a parità di rapporto, una identica velocità angolare, ma una differente velocità di rotazione delle gambe rispetto al sistema di riferimento. Detto questo rivolgiamoci alla pedivella dal punto di vista fisico. Si tratta, per la precisione, di una leva di secondo tipo poiché la resistenza è applicata tra fulcro e potenza. Il braccio di potenza infatti è costituito dalla distanza tra il punto in cui si fissa il pedale e il punto di passaggio della catena, il braccio di resistenza si trova tra la catena posta sui denti della moltiplica e il movimento centrale. Perché la leva si possa muovere è necessario che la forza applicata sul braccio di potenza sia superiore alla forza opposta dal braccio di resistenza. Tanto maggiore sarà la potenza sviluppata dal ciclista quanto superiore sarà la lunghezza della pedivella. Ma la lunghezza della pedivella deve fare i conti con la macchina umana che le leve le ha fisse nelle dimensioni e non modificabili. Una pedivella più lunga, infatti determinerà un movimento più ampio del pedale proprio perché aumenterà la circonferenza lungo cui questo si muove. Prendendo in considerazione due pedivelle da 170 e da 175 millimetri ci tro-veremo allora con una differenza di circonferenze disegnate dal pedale (nel sistema di riferimento “bicicletta”) di poco più di tre centimetri ma, considerando un ritmo abbastanza agile, sulle cento pedalate al minuto, la differenza sale a più di tre metri di spazio percorso dal pedale montato sulla pedivella più lunga. Non è poco. Questa differenza dimostra che la sensazione di maggiore velocità di pedalata di due ciclisti che pedalano fianco a fianco è un fatto reale per quanto riguarda lo spazio percorso ma non per quanto riguarda la cadenza. Come regolarsi allora per determinare la lunghezza migliore delle pedivelle? Volendo continuare a parlare in termini matematici la conseguenza più logica sarebbe che a maggiore lunghezza di gambe (e di piedi) dovrebbero corrispondere pedivelle più lunghe. Una soluzione matematica, tuttavia, deve essere presa con la dovuta cautela. Troppe sono infatti le variabili da considerare. Ogni ciclista è diverso dall’altro, si tratta di elasticità muscolare, capacità di contrarre i muscoli a determinate velocità e così via. Se, da un lato, le pedivelle più lunghe offrono uno sviluppo maggiore di potenza, dall’altro costringono il ciclista ad un movimento più ampio portando a perdere...

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