“gravel bike”: la rinascita della bicicletta

Gironzolando qua e la in internet mi sono imbattuto in questo interessante articolo che mi ha molto colpito soprattutto nell’ottica di scegliere un settore ciclistico per produrre la mia bici dotata del magic power.

Articolo tratto da:  www.bikeitalia.it  a cura di: Paolo Pinzuti

Immaginate di dover pedalare sul percorso della Parigi-Roubaix e la sua cinquantina di km di pavè più o meno sconnesso, oppure di voler intraprendere quello dell’Eroica con i suoi oltre 100 km di strade bianche, che bici scegliereste?

Il fondo stradale della temutissima Parigi Roubaix

Una mountain bike? Una bici da corsa? Una bici da ciclocross? Una bici da trekking?

Rispondere a questa domanda non è semplice perché l’evoluzione del mondo della bici ci ha portato a sviluppare soluzioni tecniche sempre più specifiche che si prestano a condizioni d’uso molto particolari ed estreme: la bici da corsa serve quindi a percorrere strade perfettamente asfaltate, le mtb servono a percorrere sentieri particolarmente accidentati, le bici da trekking servono a portare bagagli un po’ ovunque ma senza l’assillo della velocità.

Afredo Binda, in sella alla sua “normalissima” bicicletta

Personalmente, se mi dovessi trovare a rispondere a questa domanda, sceglierei una bicicletta che sia discendente diretta di quelle utilizzate da Ganna, Girardengo e Guerra per fare la storia del ciclismo, in un periodo in cui le strade non erano certo asfaltate e le bici erano costruite per resistere a tutto.

E sarebbe quindi una bicicletta con un telaio da corsa, ma non troppo estremo, anzi, con una geometria tendenzialmente comoda in modo da poter stare anche molte ore in sella, ruote rigorosamente da 28” e copertoni maggiorati (magari anche di 40 mm di sezione) con un minimo di grip.

Bene, la buona notizia è che questo tipo di bicicletta esiste (ancora) e sta riscuotendo molto successo negli Stati Uniti dove sempre più persone stanno riscoprendo il piacere di pedalare sulle strade bianche in sella alle loro gravel bike (gravel=ghiaia).

La nascita di questa nuova moda deriva da un’esigenza concreta: negli USA, infatti, a causa degli elevati costi di manutenzione, la pressoché totalità delle strade secondarie non viene asfaltata e viene invece lasciata a se stessa. Questo fenomeno ha fatto in modo da spostare su queste strade tutti coloro che non desiderano condividere il manto stradale con il traffico motorizzato.

Da qui sono nate anche molte competizioni, come la Trans Iowa (una maratona in bicicletta da 500 km su strade sterrate da percorrere in 34 ore). All’aumentare della domanda, corrisponde ovviamente un aumento dell’offerta e molti marchi si sono quindi lanciati nella realizzazione di bici appositamente pensate per queste imprese.

Niner, All-City e Salsa sono alcuni dei marchi più popolari che stanno sviluppando questo filone di prodotti, rincorsi a stretto contatto dai grandi Specialized e Trek che raramente si lasciano prendere alla sprovvista.

Le soluzioni proposte sono generalmente biciclette che ricordano le bici da ciclocross, ma con una geometria meno nervosa che privilegia il comfort e le lunghe percorrenze, quindi con tubi meno verticali, il carro posteriore più lungo e, soprattutto, con la scatola del movimento centrale più bassa (ché non bisogna mica saltare gli ostacoli) per avere un baricentro più basso e quindi una maggiore stabilità.

Questa volta si montano copertoncini semi slick

I freni sono rigorosamente a disco, in modo da consentire frenate perfette anche in caso di acqua o fango e alcuni scelgono di montare dei manubri da “randonneur”per consentire una maggiore stabilità nella guida senza però rinunciare alle molteplici posizioni che un manubrio da corsa è in grado di offrire.

Per quanto le gravel bike siano state progettate appositamente per un uso su strade leggermente sconnesse, nulla vieta ovviamente di utilizzarle anche su strade asfaltate per ritrovarsi infine ad avere sotto il culo un mezzo non troppo schizzinoso, che sia in grado, insomma, di abbandonare alla bisogna il levigatissimo manto stradale per gettarsi su stradine di campagna o su ciclovie più o meno curate mantenendo però una velocità di crociera soddisfacente.

Niner RLT9 – Anche con copertoncini da cross, rimane ancora molto spazio.

Il trucco sta nella scelta delle gomme che si utilizzano e l’optimum lo si raggiunge in abbinamento con una mountain bike da 29″ (le ruote da 29″ per MTB alla fine sono ruote da 28″ con il copertone maggiorato che aggiunge un altro pollice), in questo modo si ha la possibilità alla bisogna di montare ruote da strada o da fuori strada a seconda del mood del momento, semplicemente agendo sullo sgancio rapido della ruota.

Proprio quest’ultimo punto rappresenta, a mio avviso, il grande valore di questa tipologia di bici che le consentirà di conquistare sempre più fette di mercato in futuro: avete presente la scenetta tipica davanti al negoziante? Quella che inizia e si sviluppa più o meno così:
Buongiorno, vorrei una bicicletta
“Buongiorno a lei, cosa ci deve fare?”
“Mah, qualche passeggiata, un po’ di sport, magari un’escursione sulla pista ciclabile in valle lungo il fiume, se capita anche un giro con gli amici”

Questo è il momento in cui oggi il negoziante generalmente punta il dito verso una mountain bike entry level, dotata di un pessimo ammortizzatore all’anteriore che non servirà mai a nulla, ma che incide molto sul peso e sul prezzo e che viene spacciato come la panacea ad ogni male.

Con l’arrivo nei negozi di questa nuova (???) tipologia di bici, il negoziante in questo frangente potrebbe iniziare a puntare il dito verso una gravel bike evidenziando come, questo tipo di bici, da circa un centinaio di anni a questa parte, faccia esattamente quanto richiesto dall’acquirente.

Salsa Warbird Ti vestita da bikepacking

Non solo, ma voglio anche spingermi oltre: non appena sarà passata la sbornia delle biciclette a scatto fisso in città, prevedo che sempre più ciclisti vorranno tornare alla ruota libera, alle marce e a un mezzo di trasporto che sappia affrontare pavè, sanpietrini e manto stradale sconnesso senza battere ciglio. Un mezzo di trasporto da usare in settimana e nel fine settimana.

Qualcuno potrebbe obbiettare che le gomme maggiorate possono comportare un aumento di attrito e una diminuzione della velocità, a loro faccio presente che negli anni ’90 lo standard di gomme usate dai professionisti aveva una sezione di 21 mm, nel decennio successivo lo standard è diventato i 23 mm, adesso Nibali e compagnia pedalante al Tour montano copertoni da 25 mm. Se tanto mi dà tanto…

Insomma, sono sempre più convinto che, dopo l’ultimo trend di estrema specializzazione, il mondo della bici stia tornando ai fondamenti, avendo messo a punto uno strumento poliedrico in grado di soddisfare le esigenze di pressoché tutti i pedalatori con un’anima sportiva.

Si richiede però un passaggio obbligato, anzi due:

Il primo è costruire dei telai che prevedano il montaggio di portapacchi e parafanghi (per consentirne un uso anche in ambito cicloturistico), ma c’è chi ci sta già arrivando (ve ne parleremo più avanti).

Il secondo è abbandonare il nome “gravel” che fa troppo ammericano e trovargli un nome potabile e nostrano, propongo “bici strade bianche, oppure un normalissimo “bicicletta”, in fondo è di questo che stiamo parlando, no?

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