allenamento : i 10+ 1 errori più comuni

Dopo aver avuto nelle due ultime sedute di allenamento due malori ho capito che il mio corpo mi stava comunicando qualcosa ed ho deciso di fermare la mia attività per almeno una settimana per poi riprendere con un preciso programma di allenamento e guardando qua e la su internet mi sono imbattuto in questo bel articolo che descrive una serie di errori  in cui molti incappano compreso il sottoscritto… Articolo tratto da: www.bdc-mag.com   a cura del Dr. Roberto Massa     Il titolo di questo articolo può sembrare un po’ fuorviante, ci sono ovviamente più di undici errori di cui si possono “macchiare” gli atleti, ma quelli elencati di seguito rappresentano quelli che, per esperienza diretta e indiretta, sono i più comuni. Alcuni di questi possono sembrare banali ed ovvi, ma è sorprendente il numero di atleti che trascurano le basi e si (o mi) domandano perché la loro performance non è all’altezza delle proprie aspettative (spesso non commisurate al proprio reale potenziale). Leggi attentamente la descrizione di ciascuno di questi errori: almeno alcuni tra essi saranno familiari, e, tieni a mente, non c’è nulla di sbagliato nel commettere errori, è umano. Il perseverare negli errori è sbagliato.   Sopravvalutare i prodotti di nutrizione sportiva. Non si può negare che la nutrizione sportiva intesa come industria e ricerca sta subendo un discreto sviluppo. La consapevolezza generale che l’atleta di qualsiasi livello sia alla ricerca di ogni miglioramento sul fronte delle prestazioni, insieme a pubblicità e marketing, rende questo un settore ancora in forte crescita, anche nelle vendite. Tuttavia, spesso nell’atleta amatoriale i prodotti di nutrizione sportiva sono visti come una scorciatoia nel riempire i vuoti lasciati da una cattiva nutrizione generale. Nel peggiore dei casi, questi prodotti sono anche visti come parte dell’identità di essere un atleta – esempio  la bevanda di recupero dopo gara DEVE essere di una determinata marca altrimenti “non funziona”. Non vi è alcun sostituto per ottenere una corretta alimentazione se non innanzitutto una dieta sana e utilizzare integratori come previsto, cioè per il loro semplice e basilare scopo, cioè come integratori! Non c’è nulla di male nei prodotti di nutrizione sportiva di per sé: evitare l’abuso di essi è il principio che l’atleta deve acquisire ma che sovente manca.   Alimentazione e assunzione di liquidi inadeguata   Molti atleti, specie con temperature ridotte, tornano a casa senza magari aver bevuto neppure un sorso. Nel momento in cui ci sentiamo assetati, è GIA’ troppo tardi per idratarsi. La disidratazione può causare crampi muscolari, frequenza cardiaca elevata (riduzione volume plasma sanguigno) e aumento del tasso di utilizzo di glicogeno muscolare con conseguente diminuzione nella capacità di produrre energia e quindi netto decadimento della performance. Quanto si dovrebbe bere? All’incirca una quantità compresa tra 400-500 ml/ora, e questo sarà sufficiente a soddisfare le esigenze di idratazione della maggior parte degli atleti nella maggior parte delle condizioni. A temperature superiori avrai bisogno di quantità superiori. Non è raro per l’atleta trascurare l’idratazione durante i mesi invernali: tuttavia c’è una maggior dissipazione di vapore a livello di prime vie respiratorie e i tassi di sudorazione incrementano con indumenti termici. Una buona abitudine è quella di pesarsi prima e dopo la sessione di allenamento – il differenziale rappresenta una buona stima dei liquidi persi dal nostro organismo. Come suggerimento di reintegro: cerca di bere -nell’arco delle successive 12h- circa il 120-150% del peso perso, il volume supplementare è necessario in quanto il corpo non sarà totalmente efficiente a recuperare tutti i liquidi persi. Alimentazione: attendere un calo di intensità nella prestazione, o anche sentire la fame (e succede!) è già...

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COME ALLENARSI PER PROGREDIRE NEL CICLISMO SU STRADA

Il ciclismo su strada sembra uno sport facilmente accessibile perché la maggior parte delle persone sa andare in bicicletta. Progredire nel ciclismo è tutto un’altra cosa, molte persone commettono il grande errore di bruciare le varie tappe. Il ciclismo richiede metodo e regolarità per progredire… e un’interruzione di due settimane richiederà un mese per ritornare allo stesso livello. In qualsiasi pratica sportiva, chi vuole progredire regolarmente da un anno all’altro non deve interrompere l’attività sportiva per 2 o 3 mesi e deve fare le cose seguendo un ordine, senza saltare le tappe. Questo articolo non ha la pretesa di volersi sostituire a un allenatore, molto più competente di me e in grado di adattare le sessioni in funzione della forma fisica e delle possibilità di ogni praticante, ma almeno permetterà a molte persone di evitare i principali errori. LE DIVERSE SEQUENZE E TIPI DI SFORZO Il ciclismo è stato suddiviso in diversi tipi di sforzo. Resistenza, Sprint, ecc…. Le cose evolvono continuamente e grazie al contributo di studi scientifici, oggi siamo in grado di distinguere 7 tipi di sforzi e quindi 7 tipi di intensità per lavorare dei parametri precisi. La Frequenza Cardiaca Massima (FCmax) è basilare per misurare tutti questi tipi di sforzi. La seguente tabella denominata ESIE, è stata realizzata da Frédéric Grappe, allenatore da oltre 10 anni dei ciclisti della FDJ.com e noto in tutto il mondo per i suoi lavori sulla fisiologia e l’allenamento ciclistico. Se un test da sforzo permette di ottenere con precisione alcune soglie per allenarsi al meglio, la frequenza cardiaca massima è fondamentale per individuare le zone d’allenamento di base. Per ottenere la frequenza cardiaca massima bisogna sottoporsi a visita medica e assicurarsi di essere in buona salute. Se non ci sono problemi di salute, individuate una salita di 1 / 2 km da percorrere velocemente, ma ovviamente senza tralasciare un corretto riscaldamento di 30 min. Salite velocemente ma assicurandovi di poter arrivare in cima. A 150 m dalla cima, eseguire uno sprint come se la vittoria fosse in cima. Sul cardiofrequenzimetro si visualizza un valore prossimo alla propria frequenza cardiaca massima.     Per esempio, il livello I2 corrisponde alla resistenza. È la zona in cui il corpo brucia il massimo dei grassi e il cuore si rafforza, i battiti rallenteranno a riposo e potremo pedalare per molte ore. Su questa scala, questa zona corrisponde al 75/85% della FCmax. Se la frequenza massimale è di 190 pulsazioni, corrisponde a una zona compresa tra 142 e 161 pulsazioni. Clicca sull’immagine per ingrandire   Ovviamente, più lo sforzo è intensivo e meno tempo si potrà mantenere questo ritmo. Se in I2 (142 e 161 pulsazioni) si riesce a resistere facilmente per 3 / 4h, in I4 (175 / 182 pulsazioni) si potrà resistere allo sforzo solo per 20 / 60 min per allenarsi perfettamente. Questa scala è un’ottima base per conoscere a quale ritmo salire un colle senza temere di arrivare nella zona rossa (I3). IL RECUPERO, COMPONENTE DELL’ALLENAMENTO Molti ciclisti pensano che è meglio andare a pedalare piuttosto che riposarsi, anche se non se ne ha voglia o se si è stanchi. Il recupero è una parte importante dell’allenamento, i benefici dell’allenamento si vedono recuperando. Per trarre il massimo da un allenamento, dobbiamo dare al corpo il tempo di assimilarlo….e quindi il recupero. Per un’uscita di 3 / 4h, bisogna considerare 2 / 3 giorni di recupero. Invece, per un’uscita breve (1h30 / 2h) con un allenamento specifico molto intensivo, si potrà assimilare in 24h. Non eseguire il recupero e quindi non rispettare le fasi di riposo, vuol dire bloccare una progressione e rischiare un sovra-allenamento....

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Il condizionamento del ciclista

Analisi dei processi di condizionamento del ciclista: condizionamento cardiocircolatorio, condizionamento muscolare, condizionamento neuromuscolare, condizionamento polmonare, condizionamento psicologico  Tratto da: Guida alla preparazione atletica in palestra per il ciclista di Nicola Sacchi   Il condizionamento fisico del ciclista agisce su 5 livelli, elencati qui di seguito, che andremo poi ad analizzare nel dettaglio: Condizionamento cardiocircolatorio Condizionamento muscolare Condizionamento neuromuscolare Condizionamento polmonare Condizionamento psicologico Condizionamento cardiocircolatorio   Il condizionamento cardiocircolatorio rappresenta la capacità di cuore e sistema circolatorio di portare un maggior afflusso di sangue ed ossigeno ai muscoli. Dato che il ciclista utilizza il sistema energetico aerobico durante la sua attività, che pertanto prevede la produzione di energia attraverso l’utilizzo dell’ossigeno da parte dei muscoli, è ovvio che la capacità di portare più ossigeno ai muscoli comporta una minore difficoltà durante la pedalata ed una maggiore efficienza pedalando più veloci allo stesso livello di fatica. Gli adattamenti indotti dall’allenamento si possono dividere in tre categorie. Adattamenti centrali (al cuore) Tutti gli adattamenti del cuore del ciclista sono finalizzati a pompare una quantità di sangue molto superiore a quella di un soggetto non allenato; il cuore riesce così ad aumentare la propria gittata sotto sforzo soddisfacendo le maggiori richieste di ossigeno da parte dei muscoli. Attraverso l’allenamento si ha un aumento di volume del sangue pompato dal cuore e la riduzione della frequenza cardiaca (bradicardia) a riposo e sotto sforzo.   Attenzione: l’allenamento non modifica la frequenza cardiaca massima (che è determinata dall’età del soggetto e da fattori genetici). L’allenamento varia la gittata cardiaca. La gittata, già superiore in condizioni di riposo (120 – 130 ml per battito contro i 70 – 80 ml del sedentario), può nell’atleta raggiungere durante lo sforzo i 180 – 200 ml e più, in casi eccezionali. Aumentando la gittata il cuore riduce i battiti a riposo e di conseguenza anche sotto sforzo. Ciò comporta un risparmio energetico e di conseguenza una migliore risposta allo sforzo favorendo così l’incremento della velocità della pedalata. Il cuore allenato aumenta la gittata rispetto ai valori di riposo in misura superiore a quella del cuore di un soggetto sedentario; infatti a parità d’intensità dell’esercizio la frequenza cardiaca nell’atleta è sempre largamente inferiore a quella del sedentario (bradicardia relativa durante lo sforzo). Adattamenti periferici (a vasi e capillari) Nell’atleta di resistenza con l’allenamento si realizza un aumento in assoluto del numero di capillari e del rapporto capillari / fibre muscolari. I capillari sono i siti di scambio di sostanze tra sangue e tessuti, pertanto un loro incremento consente ai muscoli di recuperare più ossigeno dal sangue e di smaltire più rapidamente i prodotti di scarto (anidride carbonica e acido lattico prima di tutto). Grazie al miglior rapporto capillari/ fibre muscolari, le cellule muscolari vengono a trovarsi nelle migliori condizioni per sfruttare a pieno le aumentate disponibilità di ossigeno e substrati energetici.Inoltre l’aumento della superficie capillare e della capacità di vasodilatazione delle arteriole muscolari, fa sì che i muscoli riescano ad accogliere quantità di sangue veramente notevoli senza che aumenti la pressione arteriosa, favorendo così lo scambio di sostanze tra sangue e tessuti muscolari.Oltre ai vasi del microcircolo anche quelli di medio e grosso calibro aumentano le loro dimensioni permettando così un maggiore afflusso di sangue ai muscoli.A seguito dell’allenamento di resistenza, si ha un aumento delle arterie coronarie, che nutrono il cuore. Il cuore dell’atleta, aumentando il suo volume e la massa muscolare, ha bisogno di un maggior rifornimento di sangue e di una maggiore quantità di ossigeno, in questo modo il cuore migliora la sua resa.Di fatto questo aumento delle dimensioni delle arterie coronarie permette una maggiore ossigenazione al cuore....

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La preparazione per le gare amatoriali

Molti amatori che praticano il ciclismo su strada, non avendo il tempo per dedicarsi alle lunghe granfondo, preferiscono cimentarsi nei numerosi circuiti domenicali. Queste gare sono brevi e non presentano difficoltà altimetriche ma sono tutt’altro che facili : guardando un semplice tracciato Srm si possono notare centinaia di azioni massimali (es. rilanci dopo le curve, scatti per rientrare sulle fughe etc).    Articolo tratto da http://www.softvelo.com/ Il mondo del ciclismo amatoriale ha vissuto nell’ultimo decennio una fase di forte crescita, sia in termini quantitativi, come numero di praticanti, e sia in termini qualitativi, come livello tecnico di pratica. Le gran fondo hanno senz’altro rappresentato il traino principale di questo movimento ciclistico, ma non da meno sono state le gare corte o gare in circuito amatoriali che, soprattutto negli ultimi anni, hanno visto moltiplicare il numero degli appuntamenti e il numero dei partecipanti ad ogni appuntamento. I motivi di tale crescita sono diversi. A livello organizzativo una gara di 50-60 km realizzata in circuiti di alcuni km è senz’altro di più facile realizzazione rispetto ad una gran fondo o mediofondo e di minor esposizione economica da parte di chi organizza l’evento. Inoltre, la gara amatoriale rappresenta per i piccoli gruppi ciclistici un modo per autofinanziarsi e per acquisire prestigio in ambito locale anche nei confronti dei potenziali sponsor. A livello di praticanti, le gare amatoriali, hanno riscosso adesioni soprattutto da parte di coloro che, per motivi di tempo, difficilmente riescono ad allenarsi su distanze più lunghe.  Questo tipo di gara è preferito anche da tutti coloro che per caratteristiche fisiche e caratteriali sono maggiormente portati per frazioni nervose ad alta intensità e con frequenti variazioni di ritmo e con spirito agonistico molto elevato. Infine, per i vantaggi organizzativi sopracitati, le gare amatoriali sono diffuse in modo capillare su molte provincie italiane e non richiedono lunghi e impegnativi spostamenti per chi decide di parteciparvi. Per questa serie di motivi quindi, le gare amatoriali stanno vivendo un momento di estremo fervore. Ma come ci si allena per questo tipo di gare e quali sono le principali qualità atletiche che occorre sviluppare?   Modello funzionale   Per individuare le qualità atletiche che occorre sviluppare per partecipare al meglio ad una gara amatoriale è indispensabile analizzare questa specialità sotto il profilo tecnico atletico al fine di determinare un modello funzionale di riferimento. Una gara amatoriale si sviluppa su un percorso che in media è lungo 50-60 km quasi sempre realizzato in circuiti di alcuni chilometri. Sin dalla partenza l’intensità risulta elevata e tale che per la maggior parte dei partecipanti è uguale o superiore all’intensità di soglia anaerobica (punto di accumulo dell’acido lattico). I frequenti tentativi di fuga e le decelerazioni e le accelerazioni dovute al percorso determinano continuamente variazioni di ritmo che per i meno allenati e per i passisti rappresentano una grossa spina nel fianco. L’intensità media di una gara amatoriale è quindi prossima alla frequenza cardiaca di soglia e le fasi decisive come lo scatto e l’allungo e la volata, sono esplosive (anaerobiche alattacide) e anaerobiche lattacide, con elevato accumulo di acido lattico.   Le qualità atletiche importanti per il ciclista che partecipa a questa specialità sono quindi: Resistenza e potenza aerobica di base; Una buona resistenza e potenza aerobica permettono di esprimere intensità (e quindi velocità) elevate sfruttando in prevalenza il sistema aerobico. In termini più concreti una elevata potenza aerobica si traduce in una elevata velocità di soglia anaerobica. Resistenza anaerobica lattacida; La resistenza anaerobica lattacida (resistenza alla velocità e tolleranza all’acido lattico) consiste nella capacità del ciclista di resistere a fasi anaerobiche prolungate, che si traduce nella possibilità di...

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La fatica in bicicletta (e come farne meno)

“Il ciclismo è fame, sudore, sofferenza, freddo e pioggia. E poi c’è la fatica”, diceva un vecchio ciclista (nel senso di corridore, non di meccanico) della mia zona, quando raccontava delle sue avventure da dilettante nell’immediato secondo dopoguerra. Che il ciclismo sia uno sport di fatica è noto a tutti (si pensi ai randonneur o agli ultraciclisti che si sparano giorni e giorni di pedalate senza mai staccare) ma se questo è vero per i corridori, lo deve essere anche per noi comuni ciclisti quotidiani? Insomma, è proprio scontato che in bici si debba faticare, senza possibilità di miglioramento? Tralasciando il passaggio a una bici a pedalata assistita, utilizzando degli accorgimenti è possibile aumentare notevolmente il confort in bicicletta, migliorarne il funzionamento, incrementare la confidenza e diminuire la fatica percepita. Perché facciamo fatica Non è solo l’effettivo pedalare che consuma la nostra energia durante l’utilizzo della bicicletta, bensì intervengono altri fattori. Tra questi si possono elencare la forza di gravità, che ci spinge verso il basso, la resistenza indotta dall’aria, l’attrito degli pneumatici sull’asfalto che impedisce l’avanzamento, le frizioni generate dallo scorrimento degli elementi della bici in movimento, la nostra costante ricerca dell’equilibrio, le caratteristiche del percorso. Inoltre vanno considerati i fattori climatici quali la temperatura, l’altitudine, la tipologia di terreno, il dislivello e quelli personali come l’età, il grado di forma fisica, il tipo di pedalata. Tutte queste variabili possono aumentare il consumo energetico del ciclista, anticipando la sensazione di fatica. Il nostro organismo, per adattarsi e vincere le forze (o i carichi) imposti dall’uso della bicicletta, sollecita in maniera sempre più intensa i muscoli, il cuore e i polmoni. I muscoli bruciano i grassi del corpo, il cuore aumenta la frequenza delle pulsazioni, i polmoni lavorano affinché il sangue sia più ossigenato, un lavoro continuo e incrementale che porta alla produzione di acido lattico da parte dei muscoli che ne diminuisce l’efficienza, al consumo di sostanze energetiche (come il potassio), all’extralavoro del cuore, al peggioramento della funzione del sistema nervoso, fino che sopraggiunge l’affaticamento (in casi estremi l’esaurimento). La fatica ci rende meno brillanti, ci demotiva e può rendere l’esperienza dell’andare in bicicletta una vera tragedia. In realtà la fatica è una componente essenziale dello sport, poiché durante l’allenamento noi stressiamo l’organismo, obbligandolo a effettuare sforzi più grandi della sua capacità di sopportazione. Durante la fase di riposo successiva, il nostro organismo lavorerà affinché possa essere preparato per sopportare quello sforzo, compiendo delle modificazioni al suo interno (i muscoli aumentano di volume, il cuore rallenta i battiti, il diametro delle vene s’ingrandisce, i polmoni si rafforzano). Il processo si chiama supercompensazione e senza la fatica indotta dall’allenamento non avverrebbe nulla, per ciò è importante. Le tipologie di fatica La fatica “lavora” in maniera globale sul nostro organismo, colpendo non solo i muscoli ma anche altri aspetti che vengono attivati durante l’uso della bici: • Fatica cardiorespiratoria: lo sforzo muscolare fa aumentare il numero di battiti del cuore, la pressione sanguigna e il consumo di ossigeno. Queste condizioni sottopongono cuore e polmoni a un lavoro gravoso che nei meno allenati può condurre a sensazioni sgradevoli come tachicardia e mancanza d’aria;
• Fatica muscolare: la fatica più riconoscibile. I muscoli, lavorando, consumano energia dai nutrienti, producendo elementi di scarto come l’acido lattico o altri metaboliti acidi che devono essere “lavati” dal sistema circolatorio. Superata la soglia allenante il sistema circolatorio non riesce più a dilavare i muscoli dai rifiuti prodotti, comportandone il progressivo affaticamento;
• Fatica sensoriale: il cervello invia miliardi di impulsi al minuto per gestire il lavoro dei muscoli ma anche quello di occhi, udito e degli altri sensi,...

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