LE BASI DELL’ALLENAMENTO DA PROFESSIONSTI

Questa pagina,  è un tributo al grande campione di Ciclismo  Bernard Hinault che,  forse unico tra i grandi,  ha trovato tempo e voglia per mettere a disposizione di tutti i Cicloamatori la sua esperienza di campione del mondo. La lettura di questa pagina fa trasparire con chiarezza che i concetti esposti sono stati in gran parte vissuti sulla bicicletta, in particolare quando si fa riferimento alle sensazioni che avverte il Ciclista quando passa da uno stadio di fatica a quello successivo. Il testo che segue è la fedele trasposizione  del capitolo relativo all’allenamento tratto da ‘Road Racing: Technique and Training Bernard Hinault and Claude Genzling (Authors). Per facilitare la non facile lettura,  i concetti più importanti sono stati esposti in forma tabellare, ma nessun contenuto è stato alterato rispetto al testo originale. Buona Lettura articolo tratto da: www.ciclistaurbano.net *** Il Ciclismo è uno degli sport in cui l’allenamento procura a colui che lo compie con passione il più ampio margine di progresso a causa del ruolo importante che ha il raggiungimento di una tecnica molto particolare: la pedalata. Ma anche perché nel Ciclismo su strada devono essere molto sviluppate le doti di fondo. L’espressione “doti di fondo” è usata per comodità ma più avanti verrà scomposta per precisare i diversi tipi di sforzo a cui è sottoposto il Ciclista. Le grandi gare ciclistiche arrivano a 250 km e oltre e il Ciclista deve imparare ad essere capace di pedalare anche più di otto ore. Uno dei problemi che si pongono al corridore, ma non solo quello è quello di “Tenere la distanza”. Tenere la distanza: ecco una frase che ricorda il metodo più antico conosciuto per valutare l’allenamento di un Ciclista, cioè la contabilizzazione del numero di chilometri percorsi, in ogni uscita e in totale, durante un periodo determinato. I Chilometri percorsi danno una prima indicazione sul grado di forma di un corridore, ma ciò è vero soltanto se il  corridore sa allenarsi e che compie le distanze all’inizio della stagione secondo un programma prestabilito. Si stima che servono a un corridore ciclista tra 2000 e 3000 km chilometri per iniziare ad essere nuovamente competitivo dopo la pausa invernale senza gare anche se ciò non significa una interruzione di ogni attività fisica e sportiva. Se il risultato dei 2000 o 3000 km percorsi fossero fatti alla velocità uniforme di 25 km ora il risultato sarebbe molto mediocre. Infatti, il corridore non effettua i citati chilometri sempre con lo stesso tipo di allenamento. Egli si comporta come chi guida una auto  nuova da rodare. Man mano che il motore si sblocca  l’automobilista aumenta la velocità di crociera, alterna i regimi, operando spunti di velocità, prima nelle discese (allo scopo di non chiedere agli organi in movimento un lavoro eccessivo mentre gli attriti sono ancora importanti) e successivamente in pianura. Nulla di più sbagliato che forzare un motore ancora “legato” facendo una salita in quarta senza aver preso slancio, come tutti sanno. Il ciclista esperto che riprende la strada a metà gennaio e che conosce le reazioni del proprio corpo, si comporta in analogia al citato Automobilista: non soltanto aumenta gradualmente l’andatura ad ogni uscita ma compie spunti di velocità sempre più sostenuti allo scopo di ritrovare la sua capacità di scattare ripetutamente e di resistere, da solo in fuga. Il numero di chilometri percorsi è inadatto a definire un programma di allenamento ma resta utile  per memorizzare le uscite: il libretto tradizionale sul quale il Ciclista riporta le distanze percorse durante la settimana merita sempre di essere fatto ma dovrebbe essere completato con i tipi di sforzi fatti e le...

read more

Perchè PEDALARE AGILE conviene?

In questi giorni  si sente solo parlare di Froome e del suo “buffo” modo di pedalare e dei sospetti di doping o quantaltro. Documentandomi sull’argomento ho trovato questo articolo che affronta l’argomento scientificamente  e che credo possa dare almeno alcune risposte a tutti quelli che pensano che ci sia qual’cosa sotto. La fisica non é un’opinione. L’articolo é stato tratto da: www.aegsporting.com …Ce lo dicevano da bambini, quando alle prime pedalate fatte in bici da bordo strada ti urlavano <vai agile!> e qualcuno ci aggiungeva pure <…e mangia>. Il motivo di tali raccomandazioni?Nessuno se lo chiedeva: lo facevi e basta. Lo dicono ancora oggi i vecchi “saggi” del ciclismo, che quando si parla di preparazione alle corse basandosi solamente sull’esperienza e non sulla scienza, si raccomandano di iniziare d’inverno <con un mese di agilità. Guai, sino alle feste di Natale, mettere il 53!>. Le ragioni tecniche di questa proposta di allenamento? Non le hanno mai spiegate, ma <così si faceva una volta> e secondo loro così dovremmo fare anche oggi. Lo raccontava qualche tempo fa anche “Il” grande saggio del ciclismo italiano, Alfredo Martini: <il “rapportone” è come una cambiale: tu usalo pure, ma prima o poi la paghi!> Lo ripetono continuamente in televisione i commentatori delle corse professionistiche, Davide Cassani in testa: <quell’atleta lì se aumentasse la sua cadenza media di pedalata in salita di almeno 15 rpm, avrebbe dei grandi margini di miglioramento>. La verità è poi però che continuiamo a vedere atleti vincere, pur spingendo rapporti lunghissimi. Dove sta dunque la verità? Quali sono i motivi tecnici per cui uno dovrebbe scegliere di pedalare agile oppure duro?   IL CONTRIBUTO DELLA SCIENZA E DI UNA EQUIPE MOLTO PREPARATA Una risposta molto chiara e tecnicamente ineccepibile riesce a darla, anche con illustrazioni illuminanti, il prof. Mattia Michelusi nel volume OBIETTIVI, TIPOLOGIE E MEZZI DI ALLENAMENTO NEL CICLISMO MODERNO (Casa editrice Calzetti e Mariucci 2013), scritto in collaborazione con alcuni tecnici (tutti molto giovani e molto bravi) di ciclismo, coordinati dal prof. Fabrizio Tacchino, direttore responsabile del Coach Team Assistant (www.coachreality.blogspot.it), nostra vecchia conoscenza in quanto nel Girobio – Giro ciclistico d’Italia Under 27 da noi organizzato dal 2009 è stato per due anni coordinatore dello Staff Scientifico che seguiva gli atleti in gara. Una premessa d’obbligo: tutto ciò che vi diremo, possiamo dimostrarvi che ha valenza scientifica grazie al fatto che a fine anni ’80 è stato inventato il misuratore di potenza (in origine il famoso SRM (www.srm.de), oggi disponibile anche sotto altre forme, conosciute come POWERTAP (www.powertap.com) o per esempio il nuovissimo GARMIN VECTOR (http://sites.garmin.com/vector/?lang=it&country=IT) il quale oggi ci consente di misurare ogni tipo di gesto pedalato e ricavarne parametri, valori, potenzialità, grazie alla possibilità di scaricare grafici sul nostro computer. Cosa che non era possibile ai famosi “vecchi saggi”, che pur senza strumenti tecnici, con l’intuito avevano già capito molto, se non tutto del gesto pedalato.       COSA SONO LA FORZA E LA POTENZA? Innanzitutto partiamo da due definizioni che ci sono indispensabili per svelare il nostro rebus sulla convenienza dell’andare agili o duri sui pedali.     Cos’è la FORZA? La forza muscolare è quella capacità motoria che permette di vincere una resistenza (per esempio la resistenza della catena che, agganciata agli ingranaggi della guarnitura, non vorrebbe farci abbassare la pedivella verso il basso…) ed a questa si oppone tramite la tensione di una parte della muscolatura. Nel nostro caso, in gran parte, della muscolatura delle gambe (ovviamente coadiuvata dalla schiena, glutei, busto in genere, ma in parte minore). Come viene erogata da noi che pedaliamo? Semplice, coniugando una forza (N) di spinta (da parte della...

read more

Sodio nel sangue: a cosa serve

Il sodio è un elemento essenziale per la crescita e la buona salute dell’uomo. In un organismo adulto ne troviamo circa 92 grammi, distribuiti soprattutto nei liquidi extracellulari (40%), nel tessuto osseo (43%) – che funge da riserva -, nel connettivo e nella cartilagine. Il metabolismo del sodio è strettamente correlato con quello del potassio; mentre il primo catione, come abbiamo detto, si trova principalmente nei liquidi corporei esterni alla cellula, il potassio è particolarmente concentrato nei liquidi intracellulari.   Funzioni del sodio Le funzioni del sodio sono varie e molto importanti: – regola l’osmolarità del plasma e del liquido extracellulare: se presente in concentrazioni eccessive, richiama, per ragioni di osmosi, notevoli quantità di acqua, causando edema ed ipertensione (a causa dell’aumento di volume ematico); al contrario, in presenza di deficit di sodio, si assiste ad una diminuzione del volume di sangue e di liquido interstiziale. – Forma gradienti elettrochimici a livello della membrana cellulare, che sono molto importanti per la trasmissione dell’impulso nervoso, per la contrazione muscolare e per gli scambi cellulari (nutrienti, ioni, acqua ecc.). – Regola l’equilibrio acido/base. Assorbimento e metabolismo del sodio Il sodio alimentare è facilmente assorbito nel tratto finale dell’intestino tenue, detto ileo. Quello in eccesso viene eliminato attraverso le urine e, in misura minore, con la sudorazione e con le feci. In condizioni particolari, come una sudorazione profusa o in presenza di diarrea, le perdite extra renali di sodio possono comunque diventare cospicue.   Il rene rappresenta il principale agente regolatore del metabolismo del sodio; considerata la notevole importanza di questo minerale, a tale processo partecipano anche numerosi organi e messaggeri chimici. Tra questi, il più noto è sicuramente l’aldosterone, un ormone prodotto dalla corteccia surrenale che aumenta il riassorbimento del sodio e l’eliminazione degli ioni potassio. Un altro ormone dotato di attività analoga è la vasopressina, mentre il peptide natriuretico atriale agisce in maniera opposta, facilitando l’escrezione di sodio e le perdite d’acqua. Nel plasma sanguigno il sodio raggiunge, normalmente, concentrazioni di 140 mEq/l. Si parla di iponatremia o di iposodemia quando la quantità di sodio nel sangue scende al disotto della norma. Generalmente causata da particolari disordini endocrini o da abuso di diuretici, l’iponatremia determina anoressia, nausea, vomito e, nei casi più gravi, coma e morte. Quando si registrano aumenti non fisiologici della sodemia si parla di ipernatremia; tale condizione può essere causata da iperassunzione di sodio e/o da perdite eccessive di liquidi (diarrea, diabete, sudorazione profusa ecc.): determina ipertensione arteriosa che, nei casi più gravi, può evolversi in scompenso cardiaco. Fabbisogno di sodio Il fabbisogno quotidiano di sodio si assesta, secondo le indicazioni europee ed italiane, tra i 0,6 ed i 3,5 grammi, mentre le RDA americane indicano livelli leggermente inferiori (0,5-2,4 g/die). Tale quota viene facilmente assicurata da una dieta varia e bilanciata, senza la necessità di aggiungere sale alle pietanze. Il sodio è particolarmente abbondante nei salumi e negli altri alimenti a cui viene aggiunto per aumentarne conservabilità (capperi, bottarga ecc.) e sapidità (acciughe, formaggi, stuzzicherie, olive ed altri alimenti conservati in salamoia). In generale i cibi di provenienza animale (latte, carni, pollame e pesce) sono più ricchi di sodio degli alimenti di origine vegetale (cereali, verdure, ortaggi e frutta). Per approfondire vedi anche: gli alimenti più ricchi di sodio. Eccesso e carenza di sodio: meglio ridurlo ma non eliminarlo, soprattutto d’estate L’abitudine di salare le pietanze porta ad introdurre quantità eccessive di sodio. Ricordiamo, a tal proposito, che ogni grammo di sale da cucina contiene mediamente 0,4 g di sodio. In caso di sovradosaggio cronico, questo minerale sembra giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’ipertensione, ma anche,...

read more

IL POTASSIO: a cosa serve

Il potassio è un minerale essenziale per il corpo umano perché svolge un’azione assai rilevante in numerosi processi fisiologici. Insieme al sodio, il potassio contribuisce a mantenere normale il ritmo cardiaco, a trasmettere gli impulsi nervosi e regolare l’equilibrio idrico del nostro organismo. Oltre a queste funzioni, questo minerale è necessario per la sintesi delle proteine muscolari e per la trasformazione del glucosio in glicogeno, in modo tale che il fegato possa immagazzinarlo. Inoltre, esso regola il pH del sangue, stimola la produzione di urina da parte dei reni, la secrezione di insulina e l’attività di molti enzimi. Studi clinici hanno dimostrato che un incremento dell’assunzione quotidiana di potassio riduce la pressione arteriosa nei soggetti ipertesi, risultando dunque utile nella prevenzione di ictus e infarti. Potassio: Fabbisogno, Carenza ed Eccesso Il fabbisogno giornaliero di potassio per un individuo adulto è di circa 4 grammi. Viene assorbito dall’intestino tenue e viene eliminato, in buona parte, attraverso le urine e, in quantità più ridotte, tramite sudore e feci. La carenza di potassio, detta “ipokaliemia” (o “ipopotassiemia”), può essere provocata da diversi fattori. Tra di essi, ricordiamo: la gastroenterite o altre affezioni dell’apparato digerente, che causano la perdita di liquidi ricchi di potassio attraverso diarrea e vomito; l’assunzione di diuretici, lassativi o corticosteroidi; il digiuno prolungato, la grave malnutrizione o la disidratazione acuta; un regime dietetico povero di frutta e verdura; sforzi fisici eccessivi con conseguente sudorazione abbondante; un grosso consumo di caffè o alcool, bevande che accrescono la quantità di potassio eliminata attraverso le urine; diverse patologie renali; il diabete mellito. Bassi livelli di potassio nell’organismo possono avere numerosi effetti. Ecco i principali: debolezza muscolare; sonnolenza; stitichezza; insonnia; fragilità ossea; paralisi muscolari, causate dal fatto che la carenza di potassio incide negativamente sul metabolismo del glucosio, privando i muscoli dell’energia necessaria al loro funzionamento; nei casi più gravi, aritmie cardiache che possono portare addirittura alla morte. Ben più rara è l’eventualità che nel sangue sia presente una quantità eccessiva di potassio, detta “iperkaliemia”. Tale fenomeno è generalmente causato da gravi insufficienze renali oppure dall’abuso di integratori alimentari assunti per correggere l’ipokaliemia. Gli effetti più comuni dell’iperkaliemia sono intorpidimento e formicolio, crampi muscolari, alterazioni del ritmo cardiaco e, nei casi più gravi, persino l’arresto cardiaco. Potassio e Alimentazione Fonti alimentari particolarmente ricche di potassio sono le verdure, soprattutto quelle a foglia verde, i cereali integrali, i semi di girasole, la frutta, in particolare banane, kiwi, albicocche e arance, i legumi, le patate, il riso integrale, la carne magra, il salmone e il merluzzo. di Giuseppe Iorio articolo tratto da: www.megliosapere.info   Follow @RIALBIKE...

read more

Ciclismo e integrazione

Uno degli argomenti più discussi tra i ciclisti è sicuramente l’integrazione alimentare. Una diffusa confusione di fondo, unita a leggende metropolitane sugli effetti di questo o quell’elemento, portano spesso i biker a cimentarsi in modo totalmente autonomo, senza approfondire e soprattutto senza conoscere il nesso tra integrazione e prestazione sportiva. Sull’argomento sono stati scritti tomi scientifici di parecchie migliaia di pagine, nei quali si spiega in maniera tecnica le interconnessioni tra i nutrienti assimilati e il loro lavoro a favore del nostro organismo. Con questo breve articolo non possiamo certo pretendere di riassumere né di eguagliare il livello tecnico di quei trattati, però speriamo di portare un po’ di luce nel nebuloso mondo dell’integrazione alimentare sportiva. Ovviamente le considerazioni che leggerete non hanno carattere medico e non intendono sostituirsi al parere degli specialisti, a quali vi consiglio sempre di rivolgervi, evitando deleteri “fai da te” Cos’è l’integrazione alimentare? Integrazione deriva appunto da “integrare”, ovvero colmare ove vi siano lacune. Già questo dovrebbe farvi capire una cosa basilare: l’integrazione è un “di più” che si assume per aiutare il nostro corpo durante la performance o per accelerare il recupero ma non è la bacchetta magica che vi farà andare più forte senza allenarvi. Il 99% del fabbisogno alimentare che il nostro organismo richiede per lavorare al meglio deve essere introdotto con un’alimentazione sana, curata e dedicata, poi l’integrazione arriverà a chiudere i vuoti lasciati dall’intesa attività sportiva. Non è plausibile ammazzarsi di cibo da fast food e poi prendere due pilloline di ginseng e pensare di ottenere risultati degni di questo nome. L’integrazione non vi farà andare più forte, non vi farà sentire meno la fatica o aumenterà la vostra prontezza su terreni sconnessi. L’integrazione non aumenta né migliora le prestazioni sportive, semplicemente aiuta a fornire quei nutrienti che sono richiesti in un dato momento e che l’alimentazione da sola non può apportare. L’integrazione fa male? Quando parlo con i miei amici biker, alcuni di loro guardano con sospetto l’integrazione, giudicandola maligna per l’organismo. In effetti assumere delle pillole per poter andare in bicicletta può apparire controverso e farci assomigliare ai quei ciclisti professionisti tristemente famosi per essere stati colpiti dai controlli antidoping. C’è però una differenza ben precisa tra l’integrazione alimentare e il doping. Nel primo caso noi stiamo assumendo nutrienti, lavorati partendo da prodotti naturali come latte (nel caso delle proteine o degli amminoacidi), caffè (integratori di caffeina), frutta (integratori vitaminici o carboidrati). Nel secondo caso si tratta invece di prodotti chimici di sintesi, elaborati in laboratori specializzati e che come tutti i farmaci hanno profondi effetti collaterali. L’integrazione apporta nutrienti, il doping altera le caratteristiche chimico-fisiche delle cellule, provocando un netto miglioramento delle prestazioni ma con costi in termini di qualità della vita a volte devastanti. Basti vedere i numerosi esempi di atleti di resistenza (maratoneti, marciatori, ciclisti di endurance) che hanno dichiarato di aver fatto uso di doping durante la loro carriera e che ora, seppur ancora giovani, soffrono di problemi di cuore, diabete, fegato, malattie di cui uno sportivo degno di questo nome non dovrebbe soffrire. Per cui l’integrazione, se certificata dalle autorità competenti, è sana e vantaggiosa per il nostro organismo. Se acquistate i prodotti per l’integrazione alimentare in negozi autorizzati, non avete di che aver paura. Credere che gli integratori alimentari siano esattamente uguali al doping è un po’ come credere alla leggenda delle caramelle con dentro la droga che mia mamma mi esortava a non prendere dagli sconosciuti. Perché integrare? Durante l’attività fisica il nostro fisico consuma i nutrienti necessari (glicogeno, zuccheri, proteine, vitamine, minerali) per produrre energia. Quando i nutrienti presenti...

read more